L’ultima iniziativa politica di respiro di Angela Merkel risale al 18 giugno 2021, due giorni dopo l’incontro di Ginevra tra Joe Biden e Vladimir Putin. In quell’occasione, l’allora cancelliera tedesca, propose di organizzare un vertice simile tra i 27 capi dell’Unione europea e il capo del Cremlino. La proposta, venne sonoramente bocciata dall’intransigenza di Polonia, dei Baltici e dall’Olanda di Mark Rutte, paesi un tempo vassalli silenziosi di Berlino secondo cui, per usare le parole del premier lettone, Krisjanis Karins, «le concessioni unilaterali vengono recepite dal Cremlino come segnali di debolezza».  

«Visibilmente irritata», ricorda Paolo Valentino nel suo libro L’età di Merkel, la cancelliera respinse l’accusa di voler fare «concessioni a Putin». Un ultimo errore di valutazione forse dettato dall’urgenza di aprire un canale tutto europeo con Mosca, un passo falso pesante per la cancelliera che veniva proprio dalla cortina di ferro, dalla ex Germania orientale e quindi avrebbe dovuto saper cogliere i segnali di pericolo che venivano da Mosca.  

Ora, la ex premier tedesca, ha rotto finalmente l’assordante silenzio che durava da sei mesi senza però arrivare fino in fondo a fare i conti con la sua Ostpolitik, la politica di riavvicinamento con l’Unione sovietica intrapresa dalla Germania nel 1970.

Appoggio all’Ucraina

«La mia solidarietà va all’Ucraina invasa e attaccata dalla Russia e sostegno il loro diritto all’autodifesa», ha detto mercoledì sera Angela Merkel durante un discorso a Berlino. L’ex cancelliera ha aggiunto che appoggia tutti gli sforzi del governo tedesco, dell’Ue, degli Usa, della Nato, del G7 e delle Nazioni unite per «porre fine a questa barbara guerra di aggressione da parte della Russia».

L’ex cancelliera ha detto di non voler fare valutazioni esterne essendo fuori da incarichi politici, ma ha dichiarato che l’invasione russa è un’eclatante violazione del diritto internazionale e che la guerra è una «profonda cesura».

Merkel ha anche parlato delle violazioni di diritti umani, dicendo che «Bucha rappresenta questo orrore» e ha poi sottolineato l’importanza dell’unità dell’Ue, ricordando che «non dovremmo mai dare per scontate la pace e la libertà».

I rapporti con la Russia

Foto AP

Merkel, quindi, torna a parlare di rapporti con Mosca pubblicamente, ma glissa sulle eventuali indulgenze verso Mosca dell’intera classe dirigente tedesca e delle sue personali quando ha governato dal 2005 al 2021. Per Marcel Dirsus, analista politico tedesco presso l’Institute for Security Policy dell’università di Kiel, «l’intera narrativa della politica estera tedesca che ha puntato tutto sul cambiamento attraverso il commercio» è completamente fallita.

Se così è stato Berlino, per 16 anni con Angela Merkel e prima con Gerhard Schröder, esponente di punta del partito filorusso in Germania, ha continuato a commerciare e a credere di poter ricondurre Putin a più miti consigli.

Non è andata così: e forse è giunta l’ora di fare ammenda pubblica di questa pericolosa illusione. Come ha scritto sulla Faz, Maja Brankovic l’aggressione russa in Ucraina seppellisce l’illusione tedesca del wandeln durch handeln (l’idea cioé di ammansire partner dittatoriali attraverso il commercio).

La Germania degli ultimi decenni ha delegato la sua difesa agli Usa, la politica energetica a Mosca e la politica commerciale alla Cina, dimenticando, a volte, la tutela dei diritti umani per non far deragliare le fruttuose politiche mercantilistiche.

La storica cancelliera tedesca, che ha cambiato profondamente le sorti dell’Unione, che è stata accusata di essere debole nella Nato e tenera con Putin, è intervenuta mercoledì alla serata di saluto del presidente del sindacato Dgb, Reiner Hoffmann, che ha lasciato la sua posizione.

La prossima settimana, il 7 giugno, Merkel dovrebbe partecipare a un altro evento di discussione politica a Berlino. La conversazione potrebbe in quel caso concentrarsi in modo più specifico sulla Russia e sui passati rapporti della Germania con il presidente Vladimir Putin.

Non resta che attendere per capire se Merkel, assistendo alle troppo caute uscite del suo successore, Olaf Scholz, si stia candidando a un ruolo europeo o come segretario della Nato.

Le sanzioni e l’unità europea

Quanto alle sanzioni gli ambasciatori Ue a Bruxelles (Coreper) si sono riuniti nuovamente ieri per cercare di approvare un sesto pacchetto di sanzioni nei confronti della Russia. La riunione, convocata dalla presidenza francese, si è svolta eccezionalmente a Lussemburgo dove si trovavano i 27 rappresentanti permanenti per il Cag (coesione).

Il Coreper si era già riunito mercoledì, ma l’incontro si era concluso senza un accordo per l’opposizione dell’Ungheria che aveva contestato l’inserimento del patriarca russo ortodosso Kirill nella lista dei sanzionati Ue.

Alla fine il sesto pacchetto delle sanzioni anti russe, che include l’embargo graduale al petrolio in arrivo via mare in Europa con deroghe per il greggio trasportato via oleodotti, è stato adottato dalla riunione degli ambasciatori dei 27 paesi membri. Quanto al patriarca ortodosso Kirill è stato escluso dalle sanzioni.

C’è da chiedersi perché, chi vuole le sanzioni non decida di farle comunque lasciando l’Ungheria fuori dall’intesa: cercare il compromesso a tutti i costi lascia il sospetto che anche altri paesi usino l’intransigenza ungherese come pretesto per rallentare l’efficacia delle azioni sanzionatorie.

Il tutto mentre l’Isda, International Swap Dealers’ Association, un’industria che governa il mercato globale dei derivati, ha dichiarato ieri che la Russia ha saltato un pagamento di bond in scadenza per 1,9 milioni. Nonostante la somma sia piccola l’Isda, come riporta l’Fmi, ha dichiarato che i Credit default swaps sul debito russo sono scattati e che i detentori dei Cds possono chiedere la compensazione.

Comunque, spiega sempre l’Isda, con solo 1,5 miliardi di Cds sui bond russi, comparati ai 3,2 miliardi alla fine di aprile «l’impatto di mercato del mancato pagamento  è atteso essere limitato». Una piccola crepa nella nuova cortina di ferro.

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