La combinazione tra crisi climatica, crisi pandemica e crisi bellica può produrre un effetto sinergico dai tratti incerti ma sicuramente peggiorativi per molti aspetti sociali ed economici.

Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha sottolineato che la crisi energetica, di approvvigionamento e di costi, dipende da una eccessiva dipendenza dell’Europa, e dell’Italia, da fonti fossili provenienti dalla Russia.

Per questa eccessiva dipendenza ha criticato i governi precedenti, citando esplicitamente quello Renzi, richiamando l’attenzione sui ritardi di visione strategica del nostro paese, da sempre petrolio e gas-centrica.

Tali elementi, solo alcuni mesi addietro non erano stati considerati in tutta la loro profondità in fase di stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).

Le certezze invecchiano

La scelta non sufficientemente decisa di un passaggio radicale in tempi brevi alle energie rinnovabili, a sistemi energetici poco energivori e a basso consumo di materie, al risparmio ed efficientamento energetico, mostra la velocità di invecchiamento di molte certezze in tempi di tripla crisi.  

Le critiche di non fattibilità di un passaggio veloce a fotovoltaico e eolico appaiono oggi ridimensionate sotto la spinta della crisi bellica, che mette più paura degli scenari del cambiamento climatico, non certo a ragione viste tutte le previsioni fino al recente rapporto Ipcc.

Nell’intervento di Draghi è anche da sottolineare l’attenzione agli sviluppi della fusione nucleare a confinamento magnetico, anche impianti prototipali non sono prevedibili prima del 2028, e la non citazione della filiera a fissione nucleare.

Un messaggio da collocare nel dibattito mai sopito sul nucleare a fissione. Anche di recente si sono riaffacciate spinte verso il nucleare (a fissione).

In fase di preparazione del Pnrr erano state riproposte filiere basate su nuovi impianti di quarta generazione e mini reattori modulari, che, fortunatamente, non sono entrate nel documento Pnrr.

La realtà della crisi bellica torna a mettere in luce la pericolosità degli impianti nucleari, dal punto di vista del controllo della tecnologia e dei possibili impatti sull’ambiente e sulla salute, mai sufficientemente pesati nelle analisi costi-benefici.

La paura diffusa degli effetti delle radiazioni è giustificata da tante osservazioni di incidenti e dalle conoscenze mediche ed epidemiologiche. Si tratta di danni che, secondo la dose e il tipo di assorbimento (irraggiamento esterno, inalazione, ingestione) colpiscono maggiormente i tessuti con un elevato indice di proliferazione, come la cute, il midollo osseo, le gonadi e le ghiandole endocrine.

Le crisi, climatica, pandemica ed energetica hanno in comune l’enorme questione di chi subisce maggiormente gli effetti e i danni e di chi è chiamato a maggiori sacrifici. Scelte utilitaristiche ma ingiuste possono aumentare le disuguaglianze all’interno degli stati e tra stati. L’asimmetria nella considerazione tra migranti ucraini e nord africani dovrebbe inquietare le coscienze.

Draghi ha accennato a una rivisitazione del Pnrr. Alla luce delle crisi si potrebbe dare maggiore slancio a progetti di provata efficacia verso la transizione ecologica, alleggerendo progetti legati a una visione passata di dipendenza dai combustibili fossili.

Sosteneva Albert Einstein che «la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire», un concetto che si dovrebbe estendere anche alla crisi climatica.

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