Dalle parole del deputato della Lega Rossano Sasso si ha l’impressione che l’Isis abbia fatto proseliti in Italia. Le roboanti accuse si riferiscono a iniziative di dialogo inter-religioso di alcune scuole. Nel dibattito in commissione è emerso chiaramente l’obiettivo di criminalizzare l’Islam. Una lettura «che mina alla radice la funzione laica e democratica dell’istruzione pubblica»
«Tentativi sempre più frequenti di islamizzazione delle nostre scuole», «numerosi casi di sottomissione culturale all’Islam mascherati da inclusione», «inaccettabile presenza di integralisti islamici all’interno delle scuole italiane». Leggendo i comunicati di Rossano Sasso, parlamentare della Lega, si ha quasi l’impressione che l’Isis e i talebani si siano trasferiti in massa in Italia e abbiano fatto proseliti tra i giovani alunni del Belpaese.
Naturalmente non è accaduto nulla di tutto questo. Le roboanti accuse del deputato leghista si riferiscono ad alcune iniziative di dialogo inter-religioso, promosse da istituti scolastici in cui vi è una significativa presenza di studenti e studentesse di origine straniera.
A Treviso, per esempio, gli alunni di una scuola dell’infanzia paritaria (cattolica) hanno fatto visita a un centro culturale islamico, nell’ambito di un più ampio progetto di conoscenza delle religioni monoteistiche. «Volevamo far conoscere ai bambini il luogo in cui i loro compagni, quasi un quarto degli iscritti, vanno a pregare ogni venerdì», ha spiegato la dirigente in un’intervista al Corriere.
Un episodio simile è accaduto a Sesto San Giovanni, dove due scuole primarie hanno incontrato l’imam del locale Centro islamico: anche in questo caso, l’iniziativa era parte di un percorso di studio e di conoscenza di varie confessioni religiose.
È ovviamente legittimo interrogarsi sull’efficacia didattica di iniziative di questo tipo, sulla loro capacità di favorire davvero la conoscenza delle diverse religioni e delle diverse culture: ma non è questo il piano su cui si muovono i parlamentari leghisti.
La risoluzione
La risoluzione presentata alla Camera da Rossano Sasso (n. 7/00309) mira piuttosto a presentare l’Islam come il nemico giurato di una presunta «identità italiana» bianca, ariana e cattolica. «La Sharia, la legge islamica», dice ad esempio la Risoluzione, «è totalmente in contrasto con le leggi italiane e con i principi di rispetto e uguaglianza a esse sempre sottesi».
Il testo, poi, cita in modo fuorviante l’articolo 8 della Costituzione, secondo il quale i rapporti tra lo stato e le confessioni non cattoliche sono regolati da appositi patti, chiamati «Intese»: «ad oggi», dice Rossano Sasso, «nessuna Intesa è stata firmata e formalizzata con la religione musulmana».
Qui si lascia quasi intendere che l’Islam sia una fede «abusiva» in quanto non firmataria di un accordo con lo stato, quando il problema è semmai il mancato riconoscimento – da parte dello stato – di uno dei culti più diffusi nel nostro paese (con più di 500mila fedeli solo tra i cittadini italiani, secondo le più recenti stime del Cesnur).
La risoluzione propone infine la «ricetta» tipica della scuola modello Valditara: il «consenso informato delle famiglie in relazione ad attività scolastiche riguardanti un tema sensibile quale la religione». Come ha scritto di recente la storica Vanessa Roghi su Internazionale, questa idea del «consenso informato» mira a trasformare l’alleanza educativa tra scuola e famiglie in un odioso «controllo dei genitori su quel che accade in classe».
Che l’obiettivo della risoluzione fosse quello di criminalizzare l’Islam, è emerso molto chiaramente nel dibattito alla commissione Cultura della Camera. Come racconta Monica Pasquino, presidente della rete Educare alle differenze, «durante l’audizione del 7 Ottobre scorso l’onorevole Sasso ha equiparato Islam e terrorismo, e ha affermato che la scuola deve insegnare a “distinguere il bene dal male”, in cui il male è identificato nell’Islam».
«Una visione da stato confessionale e profondamente fascista», commenta Pasquino, «che mina alla radice la funzione laica e democratica dell’istruzione pubblica, per la quale la scuola, invece, deve insegnare a comprendere la complessità del mondo e a costruire convivenza, non contrapposizione e odio».
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