Il centrodestra si divide sul ddl Valditara. L’obbligo di consenso informato per i progetti scolastici rischia di frenare le campagne contro la violenza di genere e sull’educazione sessuo-affettiva a scuola. La commissione Cultura alla Camera mette in stand by due emendamenti che tentano di correggere la norma troppo integralista. Piccolotti (Avs) accusa il Carroccio di fondamentalismo e avverte: «Così si mina la laicità della scuola e dello stato»
La commissione Cultura di Montecitorio sta portando avanti l’esame del ddl Valditara sul consenso informato. Ma il nervosismo e l’imbarazzo all’interno della maggioranza sono evidenti. Tanto che mercoledì 24 settembre, passeggiando irrequieti in Transatlantico, alcuni deputati di Forza Italia, membri della commissione, commentavano quasi sconsolati: «Anche questa volta la Lega tira troppo la corda».
La maggioranza ha infatti preferito «accantonare» due emendamenti presentati dalla maggioranza stessa e tutti i soppressivi dei commi 2, 3 e 4 dell’articolo 1. Una formula che nella grammatica parlamentare significa “sospendere il voto” in attesa di trovare un compromesso politico. Una scelta che fotografa bene il momento: la tensione tra le diverse anime del centrodestra, strette tra l’ansia di mostrare compattezza e le divergenze profonde sul perimetro dei diritti nelle scuole.
Il nodo da sciogliere
Il punto è semplice ma esplosivo. Il ddl prevede che senza il consenso esplicito dei genitori gli studenti non possano partecipare a progetti e attività extracurriculari, comprese iniziative legate a educazione sessuale, affettiva o sentimentale.
Una norma che nella sua applicazione rischia di diventare un freno non solo ai programmi di prevenzione contro il bullismo omotransfobico, lo spauracchio travestito da “gender”, ma anche a campagne sul contrasto alla violenza di genere.
Ed è qui che si apre la sottile frattura che minaccia di incrinare la coalizione di governo. Da una parte la Lega, guidata dall’attivissimo deputato Rossano Sasso e sostenuta dal ministro Giuseppe Valditara, che spinge per una lettura integralista: nessun progetto nelle scuole senza previa autorizzazione delle famiglie, nessun passo verso quella che il leghista bolla come «porcheria».
Dall’altra parte, Fratelli d’Italia e Forza Italia non nascondono l’imbarazzo. Hanno capito il rischio politico: «Ci dipingeranno come i responsabili di un freno alle iniziative di prevenzione contro la violenza sulle donne proprio mentre l’opinione pubblica chiede più interventi».
Tentativi di mediazione
La mediazione porta il nome di Mara Carfagna (Noi Moderati), che sta provando a salvare il salvabile con un emendamento specifico per tutelare i progetti contro la violenza di genere. C’è poi quello della leghista Giorgia Latini, che restringe tutto solo al tema dell’identità di genere.
Segni che dentro la maggioranza non tutti vogliono passare alla storia come coloro che hanno imbavagliato le scuole proprio su uno dei fronti più sensibili e trasversali. «Non possiamo permettere che passi l’idea di un ritorno agli anni Cinquanta», è lo sfogo raccolto tra i corridoi.
La scena non è nuova. Già con il decreto Sport e salute la Lega aveva messo in difficoltà gli alleati spingendo su emendamenti giudicati troppo radicali, costringendo Fratelli d’Italia e Forza Italia a un faticoso lavoro di limatura.
Deriva fondamentalista
Per i leghisti è una battaglia identitaria, da giocare anche a costo di incrinare l’unità della maggioranza. Una linea che piace alla pancia del partito, ma che preoccupa non poco palazzo Chigi.
Giorgia Meloni, raccontano fonti interne, vuole evitare di far passare l’immagine di una maggioranza in balia dei diktat leghisti. Ma allo stesso tempo non può permettersi un nuovo scontro frontale con Matteo Salvini.
L’accantonamento rinvia la resa dei conti, senza però sciogliere il nodo politico. Tra gli stessi parlamentari di maggioranza molti preferirebbero cancellare metà della norma, pur di non farsi trascinare in un terreno che rischia di incendiare l’opinione pubblica e di mettere in difficoltà il governo in Europa.
Il ddl rischia di essere «un favore alle culture più fondamentaliste e bigotte del paese. La verità è che gli esponenti della Lega stanno trascinando tutta la maggioranza su un crinale pericoloso in cui si mina la laicità della scuola e dello Stato», spiega Elisabetta Piccolotti di Alleanza Verdi e Sinistra.
«I genitori più conservatori, quelli bigotti e quelli aderenti a forme di fondamentalismo religioso potranno negare ai figli e alle figlie la partecipazione alle attività sull’educazione sessuale e affettiva. Si scrive leghisti ma si legge fondamentalisti».
Il centrodestra spera nei prossimi giorni di evitare lo strappo. Certo, se anche gli alleati iniziano a sussurrare che «la Lega sta esagerando», significa che la crepa si è già aperta. Un esponente di FdI ragiona sullo «sforzo collettivo perché si arrivi al ddl meno imbarazzante possibile per tutti». Sorride. Più imbarazzante per qualcuno che per qualcun altro, questo è sicuro.
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