Giorgia Melusconi. Simili e speculari. Diversi in tutto e uguali per costituzione. Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni di primo acchito appaiono distanti, dicotomici e antitetici, ma sono anche simbiotici e in continuità. Rispetto a differenze, apparenti e sostanziali, che marcano le caratteristiche bio-politiche, ci sono sinuose sovrapposizioni che delineano netta omogeneità di cultura politica.

Oltre le specificità su ciascuna tematica, ciò che rende i due politici fungibili è l’essere profondamente qualunquisti: una crasi, una figura antropolitica descrivibile quale Melusconi.

La sedicente underdog e un self-made man, concetti simili, ma dal diverso significato. Un conto è essere sfavoriti sul piano elettorale (pur essendo a capo di un partito), altra cosa è sedere all’apice di un impero aziendale costruito autonomamente (secondo la propaganda fiabesca di casa Arcore).

La sezione missina, non proprio nella periferia romana, poi Fratelli d’Italia da capa indiscussa. Milano Due, Fininvest, i rapporti con la politica nazionale che conta e la fondazione di Forza Italia e la storica «discesa in campo». Differenze di percorso, di status, classe sociale, di comportamento, di biografia, ovviamente, che rimangono in secondo piano se l’impressionistica e fuorviante distanza lascia spazio alle assonanze nel rapporto con la politica e le istituzioni.

Melusconi

Melusconi viaggia appaiato, mosso da congiunte idiosincrasie, parallele avversioni e comuni nemici. I rapporti con la magistratura nel solco di malcelata insofferenza, condita da attacchi sistematici. Del Cavaliere ne era la cifra distintiva, ma anche «io sono Giorgia», dal 2022, ha incrementato le dichiarazioni ostili ai togati.

Per quanto diverso siano il pedigree processuale e la fedina penale, politicamente Melusconi non lesina attribuzioni di responsabilità al potere giudiziario per intralcio nell’applicazione di norme, siano esse ad personam, televisive o progetti di gestione dei migranti, ma saldamente contraltare delle «toghe rosse».

Strali di cui ha beneficiato il presidente dell’organo di autogoverno della magistratura: nel 2008 Meloni ha paventato la messa in stato di accusa per alto tradimento o attentato alla Costituzione (figurarsi) di Sergio Mattarella perché aveva osato impedire a un impenitente antieuropeista, Paolo Savona, di diventare ministro dell’Economia.

Intemerate sistematiche contro i giornalisti, con editti e sberleffi, perché curiosi, impertinenti, irriverenti, insomma liberi. Melusconi ha poi un gusto acceso per la battuta sagace (B. era più efficace con le barzellette), il dileggio degli avversari, la costruzione del nemico e il controllo pervasivo dei media. L’ex leader di FI, da monopolista, con sprezzo per il ridicolo, aveva sostenuto che l’opposizione guidava tv e quotidiani (anche esteri), e anche Meloni ha abilmente occupato caselle della tv di stato, enti e fondazioni culturali.

Il 2 giungo del 2025 Meloni ha annunciato che non ritirerà la scheda per i referendum, dileggiando la democrazia diretta dopo aver osannato il popolo. Berlusconi aveva invece partecipato attivamente al referendum del 2016: una divaricazione apparente perché Melusconi solletica l’antipolitica.

Rivisitare la Storia

Melusconi mostra innata passione per il revisionismo storico, la banalizzazione del passato fascista, la riscrittura della Costituzione. Un profluvio di menzogne volte a minimizzare il duce e il codazzo di criminali, dal «fece anche cose buone» al «non ha mai ammazzato nessuno», fino alla «villeggiatura» del confino e al «no all’Europa di Ventotene».

L’antieuropeismo è intercambiabile, sebbene l’ex Cavaliere fosse meno strutturato e più reattivo rispetto a presunte ingerenze di Bruxelles, mentre la capa di FdI rimanda al deliberato piano di scardinamento dell’Ue comune ai nazionalisti. E poi il socialista tedesco Martin Schulz, proposto da Berlusconi per il «ruolo di kapò» o la perenne tensione di palazzo Chigi con la Francia di Emmanuel Macron, fino al tentativo di disgelo di queste ore che cela permali simil adolescenziali.

La politica estera gestita à la carte, mutando rapidamente con il contesto in forma di realismo estemporaneo. Memorabili gli amorosi sensi di Berlusconi con George W. Bush e con Vladimir Putin; analoga dinamica di Meloni con Joe Biden e Donald Trump e, prima del 2022, con lo zar.

Per certi aspetti sul piano umano la premier e l’ex leader di FI mostrano assonanze: guasconi, maschilisti, temperamento fumino. Un imprenditore prestato alla politica e una donna politica, che uscita dalla marginalità con l’intento di ridare lustro a una rinnovata Alleanza nazionale che non varcasse l’abiura finiana del fascismo «male assoluto», ha mostrato di essere meno politica/partitica di quanto credesse. Una filigrana lega i due. In Italia oggi prevale il nazionalqualunquismo di Melusconi.

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