Siamo tutti sulla stessa barca: solo qualche giorno fa il famoso street-artist Banksy aveva rivendicato, tra le altre, un’opera apparsa in una cittadina della costa est britannica sotto questo titolo. Ma a parlare della stessa barca erano stati in molti, dal cardinal Martini allo stesso Papa Francesco. Ed è la frase che mi subito tornata alla mente leggendo il tweet che papa Bergoglio ha lanciato in occasione della Giornata Mondiale Umanitaria nella quale, con la consueta potente semplicità tratteggia i problemi del presente (e del futuro), sempre più legati alla crisi climatica, nonché le soluzioni, l’affrontarli insieme con solidarietà e unità.

Se una lezione possiamo trarre dagli eventi estremi in corso in questo 2021 è che nessuno può considerarsi al sicuro. La crisi climatica agisce sempre su due strade parallele: gli eventi clamorosi e quelli subdoli, che non vediamo, ma che alla fine rendono tutto più difficile e impattante. Penso alla carenza di pioggia, in molti casi vera e propria siccità, che colpisce molte zone del globo.

L’emergenza

L’Unione Europea ha costituito un osservatorio, segno che il fenomeno è considerato pervasivo e allarmante. Ebbene, la vegetazione stressata e secca, accanto all’evento estremo che tutti abbiamo notato, l’ondata di calore di metà agosto,  ha prodotto l’emergenza incendi in molte zone d’Europa.

Gli incendi, però, non sono limitati al Mediterraneo, riguardano anche altre zone del mondo, dalla Siberia alla costa nord occidentale americana, alla California (due incendi di proporzioni immense e catastrofiche).

Proprio in California la siccità è ormai in corso da anni, ma quest’anno ha raggiunto livelli record. Pochi però realizzano che la siccità affligge moltissimi altri paesi e continenti, dall’Africa meridionale all’America Latina all’Australia, come si può leggere sul sito di tracciamento globale Spei (Precipitazione-Evaporazione standard) promosso, tra gli altri, dal governo spagnolo e da cui è tratta l’immagine qui sotto.

Tracciamento globale Spei sulla siccità

Naturalmente siccità non vuol dire soltanto incendi, vuol dire sofferenza di tutte le attività umane (incluse quelle economiche) e della natura e degli ecosistemi, con ripercussioni  devastanti.

È il convitato di pietra della crisi climatica di cui non parliamo abbastanza. L’acqua diventa un bene comune sempre meno comune e sempre più caro e a disposizione di pochi, ma ovviamente la sua scarsità rende scarso tutto, a partire dal cibo.

Migrazioni

Molti dei grandi movimenti di popolazione che abbiamo avuto finora sono legati ai fenomeni di siccità: dalle origini del conflitto siriano (di cui parlammo in un documento scritto con Cespi e Focsiv già prima dell’Accordo di Parigi, nel 2015) alle numerose crisi nei Paesi del Corno d’Africa.

Il fenomeno delle migrazioni legate alla crisi climatica è in fortissimo aumento: tra i tanti, l’Agenzia Onu per i Rifugiati ha rilasciato alcune efficaci visualizzazioni su un fenomeno sempre più grave che già riguarda milioni e milioni di persone.

Peraltro, e questo è un altro aspetto di cui si parla poco, c’è un altro rischio: in alcune zone potrebbero aumentare i periodi in cui le temperature si avvicinano ai 50°C e questo renderebbe alcune aree inabitabili per molte specie animali e vegetali, ma anche per gli esseri umani, il cui corpo non è adatto a sopravvivere a stress termici cui non riesce a far fronte, specie quando le alte temperature sono associate ad alta umidità.

La giustizia

Papa Francesco, però, sottolinea anche un altro aspetto, quello della giustizia. Inutile raccontarsi balle, di fronte a questi problemi siamo tutti vulnerabili, ma non paghiamo tutti allo stesso modo.

Chi ha meno o nessun mezzo, soffre immensamente di più: basta vedere quel che sta succedendo ad Haiti per capirlo, o le differenze di impatto degli uragani nei vari Stati Usa (si pensi alle immense sofferenze di Porto Rico) o nelle diverse aree geografiche. Anche qui, l’essere sulla stessa barca funziona: chi può considerarsi davvero al sicuro in un mondo di grandi ingiustizie e sofferenze? E ancora, se le alluvioni che oggi consideriamo “del secolo” come quella in Germania a luglio diventeranno molto più frequenti, quale Paese considerato ricco potrà permettersi di subire ogni volta perdite per 26 miliardi di euro (a tanto ammontano i calcoli effettuati dal Governo regionale del Nord Reno-Vestfalia)?

Siamo davvero tutti nella stessa barca e non possiamo esimerci dall’aiutarci l’un l’altro, per giustizia e perché nessuno di noi è certo di non trovarsi nei panni della vittima, un giorno. I ricchi possono diventare poveri, non ce lo dimentichiamo. Del resto, la sfida del clima ci chiama alla cooperazione e alla collaborazione sia nell’affrontare gli impatti che nel cercare, tutti insieme, di evitare gli scenari peggiori.

La politica muscolare sta già, molto evidentemente, mostrando tutta la sua inefficacia: ma sul clima vincere da soli è davvero molto difficile, vincere tutti insieme invece si può. A patto che ognuno tenga fede alle proprie responsabilità e ai propri impegni e dia l’esempio: è un dovere verso l’umanità e verso il pianeta.

© Riproduzione riservata