Il 12 e il 19 giugno prossimi si voterà in Francia per le elezioni legislative. Queste elezioni, che rinnoveranno interamente il parlamento, sono state definite dalla coalizione che sostiene Jean-Luc Mélenchon come il “terzo turno” delle presidenziali.

In effetti, l’esito del voto può davvero ribaltare la vittoria di Macron e stravolgere i suoi piani di politica economica. Due sono gli scenari possibili dopo il 19 giugno. Il primo è quello in cui la coalizione che sostiene Macron ottiene la maggioranza dei seggi. Il secondo è quello della cosiddetta “coabitazione” tra Macron e Mélenchon.

Nel primo caso si avrà un vero “Macron bis”, in cui il presidente proseguirà sulla strada intrapresa durante il primo quinquennio. È anzi probabile che in questo scenario Macron accelererà con la messa in opera del suo programma, e questo per due ragioni. Innanzitutto, la crisi del Covid ha imposto a Macron di rinviare una parte delle sue riforme.

In secondo luogo, la costituzione francese vieta ai presidenti di restare in carica per più di due mandati consecutivi. Macron non si gioca dunque la rielezione, ed è quindi più libero di effettuare il suo programma senza temere opposizioni parlamentari o extraparlamentari, come quella dei gilet gialli. Le priorità di Macron sono innanzitutto la riforma delle pensioni, basata sull’aumento dell’età pensionabile da 62 a 65 anni e la soppressione dei “regimi speciali” – principalmente ex dipendenti pubblici, ferrovieri e minatori.

Dal punto di vista della fiscalità, Macron vuole abbassare ulteriormente le imposte di produzione – un risparmio di 7 miliardi per le imprese – e le imposte di successione. Terza priorità, una forte accelerazione sull’energia atomica con la creazione di sei nuove centrali nucleari in vista del raggiungimento della neutralità in carbone entro il 2050. Il secondo scenario che potremmo osservare dal 19 giugno è invece quello della coabitazione tra Macron e Mélenchon.

Questo scenario si potrebbe materializzare nel caso in cui la coalizione di sinistra dovesse riuscire a ottenere la maggioranza dei seggi parlamentari. I sondaggi più recenti considerano questo come lo scenario più probabile, se Mélenchon dovesse riuscire a raggiungere un accordo con comunisti e socialisti, dopo aver portato a casa quello con i verdi.

In caso di coabitazione, ovvero una situazione in cui il presidente della repubblica non ha una maggioranza parlamentare che lo sostiene, il suo ruolo viene notevolmente ridimensionato, e la figura più importante diventa il presidente del Consiglio. Per capire quanto in pratica i poteri vengano trasferiti da un presidente all’altro, basti pensare all’ultima coabitazione, quella tra il gollista Jacques Chirac e Lionel Jospin tra il 1997 e il 2002.

Il governo socialista di Jospin, che da un lato portò avanti un massiccio piano di privatizzazioni – incarnando pienamente in questo lo spirito dei tempi, anche e soprattutto per quanto riguarda i partiti socialdemocratici europei – dall’altro fu pioniere di riforme sociali all’avanguardia.

Si devono a Jospin l’introduzione delle famose 35 ore di lavoro settimanali, ancora oggi un baluardo del diritto del lavoro francese, l’introduzione del “premio per l’occupazione”, un assegno per i lavoratori che guadagnano sotto a una certa soglia di reddito, così come la “copertura medica universale” pensata per garantire l’accesso alle cure ai più demuniti. Fu insomma Jospin a dirigere l’orchestra durante quel quinquennio, con Chirac ad agire da comprimario.

Situazione che si potrebbe verificare nuovamente a partire dal 19 giugno, con Mélenchon a portare avanti la sua agenda economica e sociale, e Macron a mettere paletti, principalmente in materia di politica estera e rapporti con l’Europa.

La primazia data al presidente della repubblica sui dossier di politica estera è in effetti ciò che più rassicura Bruxelles, spaventata da alcune posizioni di Mélenchon, meno allineato di altri sulle posizioni della Commissione. Certo è che anche in politica economica, dove potrebbe essere invece Mélenchon a dettare la linea, gli scontri con Macron sarebbero all’ordine del giorno.

Tra i punti forti del suo programma spiccano infatti l’aumento del salario minimo a 1.400 euro netti al mese, la diminuzione dell’età pensionabile a 60 anni, in pieno contrasto con il progetto di Macron, così come una ristrutturazione del sistema fiscale in senso fortemente progressivo, che prevede un aumento delle aliquote per i più abbienti e il ripristino della patrimoniale sulle grandi ricchezze.

 

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