L’operazione di seduzione dell’elettorato per Emmanuel Macron non è finita. Ripreso l’Eliseo, deve puntellare il suo nuovo e ultimo mandato con un primo ministro, e una maggioranza parlamentare quindi, il più possibile compiacente. Ha le elezioni legislative di giugno da gestire, e un potere esecutivo da condividere e organizzare. Dopo aver già fagocitato un’ampia fetta del campo moderato sia a destra sia a sinistra, ora il presidente ha un’ambizione suprema: essere «non il presidente di un campo, ma di tutti». Un manifesto di intenti che sembra parlare a una Francia bisognosa di riconciliazione, ma che rivela la dinamica profonda di Macron: una politica attrape-tout, “acchiappa-tutto”. Intanto la sinistra ecologista prova a fare blocco popolare, e la destra estrema a rompere ogni argine sia interno sia parlamentare. Perciò il presidente dice di voler «inventare qualcosa di nuovo».

L’illusione a sinistra

Macron promette di investire il primo ministro di un chiaro impegno ecologico, e a Champ de Mars, dove ha festeggiato il suo 58 per cento di voti, prefigura una «nazione ecologica». Gli abboccamenti all’elettorato che non ne condivide le politiche neoliberiste, ma che lo ha votato per fermare l’estrema destra, sono chiari. Le voci su una possibile investitura a primo ministro per figure come Pascal Canfin, eurodeputato di Renew attivo su ambiente e salute, danno fiato a quest’opera di seduzione. Così come l’idea che l’incarico possa andare a una donna, e un nome che circola è quello dell’attuale ministra del Lavoro, Élisabeth Borne. Ma al di là della sua capacità, già messa in campo nel 2017, di fagocitare l’ala più centrista del partito socialista, la reale intenzione di Macron di virare a sinistra è contraddetta dai fatti. Jean-Luc Mélenchon sta lavorando a un blocco di sinistra ecologista, il dialogo con verdi e socialisti è in corso. Raccoglie un campo che Macron ha lasciato scoperto: il presidente, sia in termini di orientamento programmatico sia di alleanze in campo, si muove a destra. Le parole di riconoscenza verso chi lo ha votato per fermare Le Pen ricalcano testualmente quelle già pronunciate nel 2017, così come cinque anni fa Macron sul clima ha fatto molte promesse. I fatti sono andati altrove. La recente battaglia vinta dall’Eliseo per far etichettare come «verdi» il gas e il nucleare in Ue è uno degli esempi.

Le alleanze a destra

A destra invece Macron ha già alleanze collaudate, e altre pronte per essere ristrutturate, dopo che i Républicains sono usciti dal primo turno con le ossa rotte (e meno del cinque per cento). La République en Marche di Macron è già quasi un tutt’uno con Horizons, guidato dall’ex primo ministro ed ex repubblicano, Édouard Philippe, e con François Bayrou di Modem. Con Nicolas Sarkozy il legame, già intenso, si consolida. Il coacervo di componenti di destra alle quali Macron si appoggia fa il paio con lo slittamento a destra del presidente stesso, accusato non a caso di aver contribuito a normalizzare la destra estrema: è stato il sarkoziano ministro degli Interni Gérald Darmanin, un anno fa, ad accusare Le Pen di essere «trop molle», troppo morbida con l’Islam. Marion Maréchal ed Éric Zemmour sognano una «unione delle destre», che metta insieme la borghesia radicalizzata di Reconquête e il consenso popolare del Rassemblement sotto l’egida delle battaglie identitarie, e il Rassemblement promette battaglia in vista delle legislative. Ma il vero tesoro da saccheggiare, in termini di radicamento sui territori, è quello repubblicano. Non a caso è qui che Macron punta ancora ad assorbire, con quello che i politologi francesi chiamano il suo «partito unico», e che di certo è una macchina attrape-tout. «Acchiappa-tutto» o quasi.

© Riproduzione riservata