Le “confessioni” di Avola

Tutt’altro che la verità. Santoro si è fidato del boss sbagliato

Foto LaPresse Torino/Archivio storico Storico 1992
Foto LaPresse Torino/Archivio storico Storico 1992
  • Mi dispiace tanto per Michele Santoro, un collega che ho sempre apprezzato, ma non è stata una buona scelta quel titolo del libro, Nient’altro che la verità, e ancora meno affidarsi a un mafioso così poco attendibile come Avola.
  • In molti hanno gridato subito al depistaggio. Non ho elementi per affermare se si tratti di depistaggio o meno: allo stato delle cose mi sembra semplicemente una grande patacca.
  • Fa specie piuttosto che la “confessione” di Maurizio Avola non sia stata scrupolosamente verificata dagli autori del libro (cosa che hanno fatto i procuratori di Caltanissetta, i titolari dell'inchiesta sulla morte del magistrato).

Era da molto tempo che non venivano dette e scritte tante sciocchezze sulla mafia e sulle bombe del 1992. E per giunta con l'aggravante di un'alterigia tutta raccolta in un titolo, sintesi perfetta di chi non conosce modestia né limiti nel misurarsi con una questione estremamente complessa e inquietante come le stragi che hanno fatto tremare l'Italia. Basterebbe infatti solo quel titolo, Nient'altro che la verità, per diffidare altamente del contenuto di un libro spacciato come «un racconto in

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