Germania e Austria sono le due repubbliche parlamentari in Europa più simili all’Italia. Guardiamo come si comportano questi due paesi nella elezione del presidente della Repubblica per trarre qualche insegnamento utile per noi in vista del voto per il nuovo inquilino al Quirinale per sette lunghi anni.

In Germania

A Berlino, quando il governo della cancelliera Angela Merkel era all’apogeo è stato eletto dal parlamento il 19 marzo 2017, come presidente della Repubblica, il socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier, uomo vicinissimo all’ex cancelliere Gerhard Schroeder. Aveva contribuito ad elaborare le grandi linee del programma Agenda 2010, che prevedeva ampie riforme dello stato sociale tedesco.

Steinmeier è stato ministro degli Esteri nel 2005 e candidato, sconfitto, alla cancelleria nel 2009 contro Angela Merkel. Quindi la sua nomina rispondeva all’esigenza di avere un presidente di garanzia appartenente al secondo maggior partito del paese per bilanciare i poteri del partito del cancelliere al potere.

In Austria

Nella vicina Austria quando la coalizione di governo era formata dai popolari allora guidati dall’ex astro nascente Sebastian Kurz e dai liberal-nazionalisti dell’Fpö, allora nelle mani di Heinz Christian Strache ora anche lui passato nel dimenticatoio, il popolo, in elezioni dirette ha votato, per ben due volte a causa di problemi procedurali, il 26 gennaio 2017 un presidente di garanzia come il verde e filo-europeista convinto Alexander Van der Bellen, figlio di immigrati russi e originario del Vorarlberg, la più piccola regione austriaca incuneata tra la Svizzera e la Germania.

Anche in questo caso il voto degli austriaci seguì la regola, non scritta in Costituzione, che in presenza di un governo di centro-destra la presidenza doveva essere ricoperta da un esponente di spicco dell’area dell’opposizione come gli ecologisti di sinistra.

Un presidente di garanzia

Secondo i sondaggi In Italia, al prossimo voto, le urne potrebbero premiare la coalizione di destra e dunque sarebbe auspicabile un presidente di garanzia vicino all’area di sinistra come Giuliano Amato, peraltro candidato apprezzato anche dalla destra. Ma Matteo Salvini, appoggiando alcune posizioni No-vax e sostenendo il reddito di cittadinanza, ha eroso i consensi dell’elettorato leghista al nord, mentre Giorgia Meloni sembra aver toccato il culmine e aver avviato, anche a causa di relazioni troppo strette con i paesi di Visegrád e una politica estera che snobba il presidente Emmanuel Macron e il cancelliere Olaf Scholz, la parabola discendente.

In questa ipotesi di una vittoria della destra, ma non così travolgente, il centro politico, formato da tutti quei piccoli gruppi e cespugli da Giovanni Toti a Carlo Calenda passando da Matteo Renzi e Maurizio Lupi, potrebbe optare per sostenere un candidato presidente di garanzia ma di ispirazione più centrista come l’ex governatore della Bce e attuale premier tecnico, Mario Draghi.    

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