L’astuta leader di Fratelli d’Italia usa con la maestria di un’attrice la strategia del doppio binario: di governo e di conquista; di pietas e di annientamento. Il fare bonario e materno per conquistare consensi tra gli avversari prostrati dall’alluvione e l’assalto alle poltrone di qualunque tipo, per scalzare gli avversari da ogni dove.

Con gli stivali nel fango romagnolo, Giorgia Meloni ha cercato di conquistare anche il presidente della regione Emilia-Romagna, con l’incontro in pompa magna a palazzo Chigi, la promessa di due miliardi “racimolati” dai ministeri insieme a qualche pacca sulla spalla. Anche i “bravi” romagnoli devono essere stati colpiti dalla leader che si è materializzata per qualche ora mostrandosi “come una di loro”. Dovrebbe essere chiaro anche ai miopi che la tattica di Meloni è improntata alla comunicazione sentimentale per velare una strategia aggressiva di dominio: una carezza che diventa un pugno, come cantava Adriano Celentano.

Alla bonaria e sorridente leader ha fatto seguito nel volgere di poche ore una raffica di sgomitamenti da parte di uomini della destra, politici e opinionisti, che non lascia spazio a dubbi: non soltanto Bonaccini non dovrà nelle loro intenzioni guidare la ricostruzione, ma in prospettiva la destra ha in progetto di cacciare il centrosinistra da via Aldo Moro, dove ha sede il governo della regione Emilia-Romagna. Si stanno scaldando i muscoli personaggi tradizionalmente impresentabili ma, come vediamo ogni giorno, improvvisamente poltronabili. Come Galezzo Bignami, che ha appreso i fondamenti della democrazia nel Fronte della gioventù e vestito la divisa nazista per dare l’addio al celibato, e che come vicemistro delle Infrastrutture ha fatto da Cicerone alla sua leader nelle terre di Romagna.

Il progetto di far franare la regione “rossa” è prevedibile. Gli stivali nel fango sono una performance teatrale di grande efficacia (come si dice, «non si critica il governo in questa fase tragica») e serve a lubrificare gli ingranaggi del processo di sostituzione della classe politica regionale. Presa la Rai e la commissione Antimafia senza colpo ferire (strillare non ha alcun effetto) la maggioranza ha imparato con facilità l’arte dell’occupazione. La maggioranza cioè, da regola e principio democratico che sta insieme ad opposizione, si è fatta vero e proprio dominio della maggioranza.

Pronta a giocare al vittimismo quando approfitta della poca accortezza dei contestatori come al Lingotto, e a sfoderare il maternalismo con le vittime della catastrofe ambientale. La maggioranza si fa maggioritarismo. Un regime che assomiglia al gioco del rubamazzo, dove chi vince fa bottino totale e chi perde resta a mani vuote. In Romagna i nostri nonni lo chiamavano “pelagallina”.

© Riproduzione riservata