Sul piano umano, per quel poco che vale una «goccia d’acqua» dopo un diluvio di ammirazione, esprimiamo tutta la simpatia alla premier che si libera di una relazione ormai trasformata in una spina nel fianco. Su questo «non c’è altro da dire», lo dice ancora lei e rispettiamo, per un giorno, questa richiesta.

Anche se ormai avrà imparato che i casi privati di un politico, di una politica e di una presidente del Consiglio, non sono fatti solo privati. E la gogna a cui lei e la sua famiglia sono state sottoposte da Striscia la notizia è temperata dal fatto che è un personaggio pubblico. Una che ha scritto un intero libro per raccontare una storia di Cenerentola coatta che diventa principessa a palazzo Chigi, pescando senza complessi proprio dal suo privato o, meglio, reinventandoselo per costruire la sua immagine politica, come Domani ha rivelato.

Una favola falsa

Ma sui fatti privati la finiamo qui. È il gesto della premier che interessa. Con la rottura via social da quel cavernicolo che è il padre di sua figlia, la politica Meloni è stata bravissima: milioni di donne e di uomini sono incappati in una storia che con il tempo è marcita, nella debolezza della sopportazione che diventa la forza di liberarsi da un guaio. È il passaggio dalla dipendenza all’indipendenza, in cui tutte e tutti si possono rispecchiare con empatia. 

Oggi però Meloni, sempre Meloni politica, ci rivela che la favola bella della famiglia che fin qui lei stessa aveva raccontato, era falsa: ne avevamo il sospetto. Peraltro una famiglia non «tradizionale», cioè non come quelle che ci impartisce con venticello da stato etico: alla quale però lei stessa non si acconciava. Dice di voler proteggere la figlia, ma ne esibisce irresistibile foto.

In un colpo si svelano alcune verità: la prima, ovvia per noi, che una famiglia funziona quando c’è quella cosa che qui per comodità chiameremo amore, riluttante alle regole dei generi, dei sessi, dei contratti (a cui comunque Meloni non si era sottoposta). La seconda, che la storia che raccontava di sé, non era vera. E lei la utilizzava a maggior gloria della sé politica; come da ieri mattina utilizza il nuovo racconto di sé.

Eccola, questa nuova storia: una donna che si libera dell’uomo che l’ha messa alla berlina davanti al suo mondo, che racconta la sua debolezza – di lui non parliamo, non serve –, tenersi accanto un uomo dall’esuberanza così incontenibile – e, per inciso, non si era interrogata su questa esuberanza?

Giorgia Meloni per la seconda volta dice a un Berlusconi di non essere ricattabile. La prima era stata nel momento della formazione del governo, quando Silvio aveva mostrato alle telecamere il biglietto con quei quattro aggettivi, «supponente, prepotente, arrogante e offensiva». Lei gli aveva risposto che mancava un punto: «Non sono ricattabile». Oggi si ripete la scena, lei avvisa e sfida «tutti quelli che hanno sperato di indebolirmi colpendomi in casa», sottintendendo gli eredi Berlusconi, mediatici e forzisti, per interposta Striscia. Brava anche qui: non si è fatta ricattare. Bravissima, se tutta questa storia è davvero finita qui. 

Eppure il suo addio sui social si chiude con quella metafora sbagliata, una stecca rivelatrice. «Per quanto la goccia possa sperare di scavare la pietra, la pietra rimane pietra e la goccia è solo acqua», scrive lei. Una torsione superomistica, anzi superdonnistica, del latino gutta cavat lapidem. Dunque ci risiamo, risiamo nella fiction: perché quell’adagio dice che anche l’acqua, che appare debole, può scavare il marmo. Ed è una legge più sincera e sperimentata della promessa dannunziana di restare tutta d’un pezzo. Parliamo di politica, ancora, per quanto riguarda la vita privata, lo ripetiamo, sono quasi tutti fatti suoi. 

Ancora sulla politica: «Con la mossa di Giorgia che lascia indietro tutte le Hillary Clinton del pianeta, l’Italia si trova all’improvviso governata da una donna single, con una donna lesbica all’opposizione. “Ciao maschio”», ha scritto sui social la nostra Giorgia, la filosofa Giorgia Serughetti. Una battuta, ma in tutta questa vicenda di favole smentite da altre favole, è l’unica cosa vera. E non è poco.

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