Giorgia Meloni entra nel 2024 con una forza politica ancora notevole. Se guardiamo i sondaggi, Fratelli d’Italia è di poco sopra il risultato delle politiche del 2022 e l’intero centrodestra si attesta su percentuali simili a quelle che l’hanno condotto alla vittoria lo scorso anno.

L’opposizione è divisa: Movimento 5 stelle e Pd continuano a spaccarsi su questioni fondamentali come il rapporto con l’Unione europea o le politiche sociali, Giuseppe Conte ed Elly Schlein sono concorrenti prima che alleati mentre il centro politico è imploso e rischia l’irrilevanza elettorale.

Sono dinamiche che favoriscono la maggioranza che, con un’opposizione così, può anche permettersi dei passi falsi come la spaccatura sulla ratifica del Mes.

I successi (parziali)

Meloni ha colto successi, pur parziali e non del tutto dipendenti dall’azione di governo, su tre fronti: economia, immigrazione e politica internazionale.

L’Italia è cresciuta in linea con gli altri paesi europei, l’inflazione è scesa, lo spread è basso, l’occupazione è cresciuta, il Pnrr è stato modificato e procede per ora senza intoppi particolari, le leggi di Bilancio non hanno incontrato problemi con la Commissione europea, è iniziata la privatizzazione di alcuni moloc per le casse pubbliche come Ita e Mps.

Con la crescita dell’immigrazione il governo ha rischiato molto nei mesi scorsi ma Meloni da un lato ha convinto i partner europei a fare dei passi in avanti sull’accoglienza e dall’altro ha inventato il palliativo dell’Albania, soluzione da verificare ma dalla percezione positiva proprio per il sostegno degli altri paesi.

A livello internazionale, invece, la posizione di Meloni è rimasta coerente: atlantista, di supporto all’Ucraina, filo-israeliana, fredda con la Cina. Era ciò che il presidente Joe Biden chiedeva e il governo ha rispettato la parola data. Questo è ciò che si può considerare positivamente ai fini della stabilità.

I fallimenti

Molto più negativo è il giudizio sulle riforme del governo. Quella della giustizia è rimandata, quella fiscale non esiste perché il governo si limita a spostare da un lato all’altro il carico della tassazione, si resiste a molte liberalizzazioni richieste dell’Unione europea.

Ma al di là dei dettagli l’impressione è che la destra non abbia una strategia per il paese. La demografia offre una spaventosa fotografia eppure nessuno si chiede come si governerà una società anziana, con costi esplosivi per pensioni e sanità.

Da una destra di governo ci si aspetterebbe qualcosa in più di meri sussidi alle nuove famiglie, che infatti non funzionano, come provvedimenti che riducano la spesa dello stato in questi settori che occupano gran parte del bilancio e lascino maggior spazio all’iniziativa privata e concentrino le risorse su istruzione, industria e giovani.

Inoltre, le nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale e le fonti rinnovabili richiederanno molti capitali pubblici e privati alle aziende e anche qui sono pochi gli stimoli offerti ai risparmiatori italiani, più ricchi della media occidentale, per investire.

Così come sull’energia ci si aspetterebbe qualcosa in più che affidarsi a un manipolo di aziende pubbliche per la diversificazione, si pensi alle notevoli opportunità che il nucleare potrebbe offrire o alla necessità di rigassificatori. Pur se in principio il governo non è contrario, i progetti seri latitano e i costi energetici sfavoriscono le aziende che competono in mercati internazionali.

Insomma, dopo oltre un anno di governo possiamo dire che Meloni guida una coalizione stabile ma che sembra incapace di far evolvere il consenso in strategia per il paese. A oggi il governo ha preferito il conservatorismo con la c minuscola mentre di conservatorismo politico non si parla più.

Servirebbe da destra un piano per la modernizzazione del paese, ma le ambizioni dell’esecutivo sono modeste e si preferisce limitarsi ad amministrare, agitando ogni tanto il fumoso spettro del sovranismo, che imporre un’agenda, pur graduale, per il futuro. nell’elettorato si preferisce coltivare una domanda di sicurezza e protezione rispetto a quella di libertà e sviluppo che però non è incompatibile con la prima. Il vizio originario della destra italiana, quello di ripiegarsi soltanto nella difesa del campanile, non è ancora superato.

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