Il cambiamento non è mai un processo lineare né immediato. Spesso sembra lontano, lento, quasi irraggiungibile. Le ombre nere dei fascismi si allungano, e ci viene detto che i diritti sono concessioni, che l’uguaglianza è impossibile da realizzare, che l’impegno individuale o collettivo si scontra con muri invalicabili. Eppure quest’anno più di cinquanta Pride attraversano le città italiane e ci raccontano una verità diversa: il cambiamento è possibile e che il motore di questa trasformazione sono le persone.

Le parate del Pride non sono solo manifestazioni di gioia e colori. Sono momenti in cui una moltitudine plurale si riconosce e rivendica diritti, dignità e visibilità. Persone Lgbtqia+ insieme a famiglie, giovani, anziani, persone disabili, migranti e soggettività diverse condividono uno spazio pubblico che diventa politico e rivoluzionario. Quella partecipazione massiccia e trasversale ci ricorda ogni volta che l’impegno serve. Che l’impegno c’è.

Ma dietro l’energia delle strade, il Pride è un lavoro profondo, costante e silenzioso. Il Milano Pride (domani alle 15 dalla stazione centrale) per esempio non nasce dal palco o dalla parata. Nasce da un cantiere di volontariato che dura quasi dieci mesi, fatto di incontri, discussioni politiche, fogli Excel, autorizzazioni, idee, passioni. È un Pride costruito da attivistə che mettono a disposizione il loro tempo con l’unico obiettivo di creare uno spazio trasformativo. Un luogo dove esistere è possibile. Dove dirsi è possibile. Dove agire il cambiamento è possibile.

In una società dove tutto si compra, scegliere di donare tempo gratuitamente è un atto sovversivo. Il volontariato che muove il Milano Pride non è una funzione di supporto: è il suo motore. È una dichiarazione di intenti di chi lo pratica: insieme possiamo fare qualcosa.

Volontario è chi resta la sera a controllare che un palco venga montato. Chi scrive un progetto approfondito per dare spazio a chi non ha voce. Chi presidia luoghi della città con stand e infopoint, chi eroga servizi di prevenzione e linee di ascolto, chi si siede a discutere fino a tardi su come migliorare l’accessibilità. Chi lavora per far emergere tutte le voci, anche quelle diverse da noi.

Il dovere di chi organizza un Pride è quello di creare un organismo vivo che come tale deve potersi lasciare attraversare. È uno spazio aperto che si costruisce per accogliere tutte le istanze che parlano di giustizia sociale: i diritti delle persone Lgbtqia+, certo, ma anche quelli delle donne, delle persone migranti, delle persone con disabilità, delle famiglie, dei corpi non conformi, delle soggettività invisibilizzate. Essere attraversabili è un dovere politico, è fare in modo che tutte le lotte si riconoscano in un unico campo comune: quello della libertà. Questo rende il Pride non solo una manifestazione, ma un laboratorio sociale. Una palestra dove si esercita la convivenza tra differenze, e si imparano le regole della solidarietà vera: quella che ascolta, include, sostiene.

E la cosa forse più luminosa di questo cambiamento, il momento più significativo del Milano Pride inizia quando i riflettori si spengono. Qui entra in gioco il Rainbow Social Fund, un fondo mutualistico nato per trasformare la visibilità e le energie del Pride in strumenti concreti di supporto e trasformazione sociale. Dal 2021 a oggi, il fondo ha erogato oltre 100.000 euro per iniziative essenziali: 2.500 pernottamenti per donne senza dimora, più di 2.000 test Hiv gratuiti, assistenza legale per centinaia di persone vittime di violenze omotransfobiche, ma anche sostegno a festival culturali, squadre sportive transgender e progetti artistici.

Questi dati non sono solo numeri, ma rappresentano scelte profonde, un modo per pensare al Pride come a un movimento che ridistribuisce potere, risorse e possibilità, che lascia un’eredità concreta e duratura. È un impegno che va oltre la celebrazione e costruisce legami, solidarietà e cambiamento nel tessuto sociale quotidiano.

Il Pride ci ricorda che il cambiamento non si aspetta, ma si costruisce. È una pratica collettiva che richiede tempo, fatica, ascolto e dedizione, ma che restituisce senso, comunità e speranza. Dietro il Milano Pride non ci sono magie o perfezioni, ma il lavoro e la determinazione di chi decide di resistere, di esserci, di lottare per un mondo più giusto.

Anche quando il mondo va al rovescio, anche quando la strada è lunga, anche quando la realtà è dura, il Pride ci insegna che possiamo iniziare ad agire adesso, insieme, trasformando il presente e immaginando un futuro in cui la libertà e la dignità siano davvero per tuttə.

Perché il cambiamento possibile sono le persone, e il tempo di costruirlo è adesso.

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