Che Letizia Moratti si butti a sinistra è l’idea (della serie chi non sta con me è contro di me) espressa, subito dopo le la rottura del “rapporto di fiducia con il presidente Attilio Fontana”, dalle Testate che spalleggiano la Destra dura e molle di governo.

L’idea di una Letizia Moratti “di sinistra” spinge a ridere chi come noi nel 1994 l’ebbe come presidente della Rai nominata dai presidenti delle Camere di Destra dopo che Forza Italia, Lega e Alleanza nazionale (unite allora come oggi) avevano stravinto le elezioni.

Presto constatammo che tra l’albagia aristocratica e il banale televisivo spacciato come pensiero la nominata avrebbe ridotto la Rai a fianco pubblico del monopolio Mediaset inchiodandola per sempre allo schema del Duopolio.

E così nel 1995, appena trovato un lavoro altrove, ci dimettemmo lasciando alle spalle trent’anni di carriera e la prospettiva di farci piccoli aspettando il nostro turno in qualche futuro ribaltone. 

Salvo intese

La nota autobiografica, scusate la lunghezza, vuole togliere di mezzo ogni equivoco nel momento in cui affermiamo che, se fossimo lombardi esterni alle cerchie di Salvini, Meloni e Berlusconi, non esiteremmo, e senza turarci il naso, a “tentare” un’alleanza con Moratti e la sua, immaginiamo, lista civica portandola come candidata alla Presidenza di Regione nelle prossime elezioni nonostante che Letizia, perdoni la confidenza, sprizzi Destra, ma non populista. da ogni poro.  

Una idea banale se si pensa che la politica sia dialettica e compromesso fra identità sicure di se stesse quanto a radicamento nella società, visioni ed interessi e dunque senza timore di smarrirsi nell’allearsi con il Demonio o con una Signora dell’alta borghesia meneghina che porta con qualche battaglione togliendolo al nemico.  

Certo, sia col Demonio che con la Signora, serve fare patti chiari. Ma se ci sono riusciti in Germania, mettendo insieme Socialdemocratici, Verdi e Liberali, potrebbero ben arrivarci i lombardi eredi del buon senso di Cattaneo (quello dell’Ottocento, non l’attuale volto umano di Forza Italia).

Tutto può essere detto o fatto, insomma, tranne che la fuga dalla sfida del confronto in Lombardia e dalla prima grande occasione di scomporre il quadro politico e la sicumera del Governo destrissimo di Giorgia.

Chi  puntasse a badare solo al suo orticello di oppositore per destino, paleserebbe solo il vuoto di proposta e la paura di rimetterci le penne.

Oggi in Lombardia, domani in Italia

“Oggi in Lombardia, domani in Italia”, altro che “con Quella non mi ci metto per principio” , è in sostanza il motto che dovrebbe campeggiare, dandogli un soffio d’energia, su quelle non-identità che un mese fa, pur raccogliendo molti più voti di Meloni e compagnia, hanno creato il trionfo della Destra perché non conoscendo il baricentro di se stesse non erano effettivamente  neppure in grado di parlarsi.

Siano gli M5s ora ultra sinistri e ora questurini, oppure quel Partito democratico che molti votano d'abbrivio e mestamente, e che più che mal riuscito come amalgama pare un amalgama ancora da descrivere.

Per non dire dei simpatici guasconi posti al Centro, luogo notoriamente adatto a intercettare le transumanze in Parlamento più che il Carro della Storia.  

Hai visto mai che la presidente Rai da cui sfuggimmo lestamente senza mai essercene pentiti, riesca, magari al di là delle sue intenzioni, a presiedere la Lombardia e costringere di fatto quella strana compagnia a darsi un senso?

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