Qualche giorno fa il giornalista Antonio Talia ha inchiodato Alessandro Orsini alla sua ennesima gaffe, evidenziando come l’ospite preferito di Bianca Berlinguer avesse citato un inesistente giornalista del New York Times, tal William J. Ampio, in un video in cui discettava della guerra tra Russia e Ucraina.

Il commentatore aveva infatti usato il traduttore automatico, che ha modificato il cognome originale del reporter (Broad) nell’italianissimo “Ampio”. «Se Orsini non ha gli strumenti cognitivi per capire l’errore nella traduzione automatica di un articolo» s’interrogava Talia «come potrà riuscire a decifrare e poi spiegare il contenuto dell’articolo stesso?»

Ora, identico dubbio si pone per il nuovo ministro della Giustizia Carlo Nordio, noto soprattutto per la ferrea volontà di mettere mano alla riforma delle intercettazioni. L’ex magistrato 75enne, voluto sulla poltrona di Via Arenula da Giorgia Meloni in persona, prima ha scritto il demenziale decreto legge sui rave. Poi due giorni fa, in una bizzarra audizione alla commissione al Senato, ha protestato di nuovo contro l’uso osceno che viene fatto delle captazioni in Italia.

Attaccando la normativa vigente e facendo, finalmente, un esempio concreto: «La porcheria è continuata anche dopo la legge Orlando. Basta vedere l’inchiesta sul sistema Palamara. Cosa è uscito su cose che non avevano a che fare sulle indagini e, aggiungo, cosa non è uscito. Sono state selezionate, pilotate, diffuse secondo gli interessi di chi le diffondeva».

Nordio, come un novello Orsini, non sembra conoscere bene la materia di cui discetta: come spiega il decreto legge del 30 aprile 2020 e il codice penale, l’entrata in vigore della legge Orlando si applica «ai procedimenti penali iscritti successivamente successive al 31 agosto 2020». Peccato che le investigazioni su Palamara siano del lontano maggio 2019, e che la gestione delle intercettazioni sia stata dunque regolata dalla normativa precedente. Ormai superata.

Se abusi ci sono stati, dunque, non riguardano mancanze o vulnus del decreto Orlando. Che sembra invece aver funzionato abbastanza bene: tutto è perfettibile, ma è un fatto che negli ultimi due anni le violazioni della privacy si sono fortunatamente ridotte ai minimi.

L’intemerata di Nordio ha ricevuto subito gli applausi di Palamara, of course, e di Forza Italia, da sempre fautore dell’impunità massima per corrotti e corruttori. L’anno prossimo il ministro dovrebbe proporre l’ennesima riforma-bavaglio. Si spera che prima di presentarla studi meglio le norme esistenti, evitando scivoloni che sembrano suggerire, piuttosto che un impeto riformista mosso da un sincero garantismo, un furore ideologico e pericoloso per la già disastrata giustizia italiana.

 

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