Sarà un 19 luglio da ricordare o forse un 19 luglio da dimenticare. Sarà la rabbia a prendere il sopravvento sull'ipocrisia, sarà il dolore a segnare il ricordo di Paolo Borsellino o saranno piuttosto quelle imposture che hanno immancabilmente accompagnato anno dopo anno tutte le celebrazioni? Comunque, mai come prima, in questa vigilia del trentesimo anniversario dell'autobomba che ha fatto saltare in aria il magistrato, Palermo (e non solo Palermo) si avvicina sottosopra al giorno della commemorazione. Di sicuro diserteranno ogni manifestazione ufficiale «fino a quando lo stato non ci dirà cosa è accaduto» i tre figli del procuratore, Fiammetta e Lucia e Manfredi, la famiglia al completo. Loro non andranno da nessuna parte mentre, molto probabilmente, il nuovo sindaco di Palermo Roberto Lagalla farà la sua apparizione in via Mariano D’Amelio con addosso la fascia tricolore.

Il testacoda di Palermo

Il grave attentato dinamitardo in via D'Amelio, dove abitava la madre di Paolo Borsellino, ha ucciso il magistrato e cinque agenti della sua scorta / foto AGF

È il testacoda che nessuno si sarebbe aspettato. E che, però, racconta tanto su come sia cambiata o su come non sia cambiata l’Italia da quegli attentati. La famiglia Borsellino passa, il nuovo sindaco di Palermo si fa trovare pronto.

Proprio lui che ha felicemente accettato il sostegno elettorale di due condannati per reati di mafia – l’ex governatore Totò Cuffaro e il senatore Marcello Dell’Utri – porterà il suo saluto a una delle più famose vittime di mafia. D’altronde Lagalla ha fatto già le prove generali, come primo atto da sindaco ha deposto una corona di fiori al monumento dei caduti per mano dei boss il 21 giugno e una settimana dopo ha reso omaggio ai sette militari uccisi nel 1963 da un’esplosione a Ciaculli.

Roberto Lagalla si sta rivelando, come ironizzano molti palermitani, un sindaco “troppo antimafia”: fino ad ora non si è perso una sola ricorrenza. Mosse che non basteranno a soffocare l'indignazione per chi l'ha sponsorizzato in campagna elettorale, a placare polemiche.
Anche perché i giorni che precedono questo 19 luglio sono densi di inquietudine.

Dopo trent’anni, e sono tanti, non c’è ancora verità su quelli che vengono chiamati mandanti altri o mandanti a volto coperto. Processata e condannata solo la Cupola, Totò Riina e soci. La prossima settimana, fra il 12 e il 13 luglio, è attesa a Caltanissetta la sentenza sul depistaggio delle indagini su via D’Amelio, imputati tre poliziotti che erano al servizio del questore Arnaldo la Barbera, il capo del “Gruppo Falcone Borsellino” individuato come uno dei registi dello sviamento dell'inchiesta. Non sarà l'istruttoria che ha svelato ogni mistero sul depistaggio ma è pur sempre qualcosa in mezzo al niente.

Le tensioni con Nino Di Matteo

La procura di Caltanissetta in questi anni è andata avanti passo dopo passo senza rumore e giochi d’artificio, ha sventato diversi tentativi di intossicazione delle indagini, smascherato il falso pentito Vincenzo Scarantino e con il suo sbugiardamento si è arrivati alla liberazione di innocenti già condannati all'ergastolo. Un profilo, quello mantenuto dai pubblici ministeri di Caltanissetta, che piace alla famiglia Borsellino.

Ma che è all’origine di attriti, sempre più violenti, con le fazioni estreme dell’antimafia militante siciliana. I figli di Paolo Borsellino non hanno risparmiato, anche recentemente, accuse a Nino Di Matteo – prima pm dell’inchiesta sulla trattativa stato-mafia a Palermo e oggi consigliere togato a palazzo dei Marescialli – e al ruolo che avrebbe avuto nella gestione del falso pentito Scarantino subito dopo la strage. È una vicenda che si trascina ormai da lungo tempo e che diventa sempre più aspra. Dall’altra parte parlano di veleni e mistificazioni per colpire Di Matteo.

La telefonata di Giovanni Salvi

Bersaglio della famiglia in questi ultimissimi giorni anche Ilda Boccassini, la magistrata che dopo le stragi del 1992 ha chiesto l'applicazione a Caltanissetta. Critiche pure per lei, che aveva sì messo su carta i suoi dubbi su Scarantino ma dopo avere autorizzato almeno dieci colloqui investigativi nel carcere di Pianosa con quelli che si sarebbero poi rivelati i suoi “suggeritori”.

Qualche settimana fa Fiammetta Borsellino ha raccontato anche di una telefonata ricevuta dal procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, convinta che il magistrato le comunicasse la notizia di provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati a vario titolo risucchiati nella vicenda Scarantino.

La telefonata invece era un invito per partecipare a un convegno. In quel momento la famiglia Borsellino ha deciso di chiudere con le celebrazioni. È in questo clima che Palermo si prepara al 19 luglio 2022.

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