La capitale della Sicilia torna ai suoi vecchi padroni. Vince chi doveva vincere, l’ex magnifico rettore Roberto Lagalla, l’uomo sul quale hanno puntato tutte le loro carte Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri, i registi di un’operazione politica che segnerà la sorte di Palermo (e non solo di Palermo) per i prossimi anni. Colpita e affondata l’altra città, quella che sperava sino all’ultimo in uno scatto di orgoglio degli elettori, in una ribellione silenziosa nel segreto dell’urna dopo un mese e mezzo di sfacciata esibizione di forza da parte di personaggi in promiscuità presente o passata con ambienti mafiosi. Fin dal principio fuori gioco, quasi rassegnato a perdere, in campo con un candidato sbiadito, il centrosinistra non ha fatto neanche la mossa, la prova per conquistare davvero il comune di Palermo. Non è la prima volta che accade nell’isola, una resa incondizionata ancora prima della sfida. È Palermo, è la Sicilia che confonde e si confonde.

Gli exit poll si sono rivelati molto vicini ai dati reali, che hanno confermato ora dopo ora chi ha superato il 40 per cento – la soglia tutta siciliana per non andare al ballottaggio – e certificato le previsioni della vigilia. Su per giù il 48 per cento in crescita costante verso il 50 per il candidato del centrodestra Roberto Lagalla, poco meno del 28 per cento per il candidato del Pd e del Cinque stelle Franco Miceli.

I “consigli” di Dell’Utri

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Distacco netto, molto significativo con il crollo veriticale del Movimento fondato da Beppe Grillo. Un successo evidente ma non un trionfo clamoroso quello di Lagalla come qualcuno si sarebbe aspettato. Fino a un paio di settimane fa, c’era chi dava il centrodestra tra il 55 e il 60 per cento.

L’avvelenatissima campagna elettorale e la spudoratezza dei personaggi che hanno sponsorizzato Lagalla non hanno portato a un’affermazione totale, a una guerra dove non si fanno prigionieri. Un po’ di palermitani probabilmente hanno cambiato idea in corsa, troppo sfrontata la riapparizione dell’ex governatore Cuffaro sulla scena politica, troppo obliqua la presenza in Sicilia del senatore Dell’Utri con i suoi “consigli” dispensati fra i velluti e gli stucchi del Grand Hotel et des Palmes.

Qualche punto e anche qualcosa di più al centrodestra l’hanno fatto perdere pure gli arresti degli ultimi giorni, candidati al consiglio comunale nello schieramento che sosteneva l’ex rettore Roberto Lagalla.

Prima Piero Polizzi (Forza Italia) che trafficava in preferenze con uno dei boss Sansone della borgata dell’Uditore, poi Francesco Lombardo (Fratelli d'Italia) che chiedeva l’appoggio di un capoclan del quartiere Brancaccio. Catture “in diretta”.

Il caos ai seggi

Poi c’è l'indicibile vicenda dei presidenti di seggio che hanno disertato in massa e di fatto condizionato le elezioni palermitane. Ma quale complotto mafioso, ma quale trama. Semmai è esattamente il contrario, penalizzato è stato di certo il centrodestra. E per colpa dell’ignoranza profonda di chi ha dimostrato – ministero dell’Interno e prefettura – di non avere neanche una lontana idea di cosa sia Palermo e di cosa siano i palermitani, facendo coincidere il voto con la finale allo stadio della Favorita della squadra del Palermo che si stava giocando la promozione in serie B.

L’ex rettore ha perso un po’ di punti anche per la partita dei rosanero, banalmente secondo regola sarebbe bastato spostarla al giorno prima o al giorno dopo. Ma la regola a Palermo, al di là dei proclami, è cosa rara.

La partita di domenica, ha provocato caos e danni. «Siamo in B, Palermo ha raggiunto il suo primo traguardo», ha scritto alle tre di notte sul suo profilo Facebook Lagalla con una sciarpa rosanero avvolta intorno al collo. Poi i numeri veri, la prova provata della sua vittoria.

Il passato e il futuro

È iniziata così l’avventura di Lagalla, sindaco sponsorizzato da condannati per reati associativi, un marchio che per lui non sarà semplice cancellare. Per come è arrivato a palazzo delle Aquile. Ma un conto è stata la campagna elettorale, un altro conto sarà “tenere” Palermo con gli occhi di tutti puntati addosso.

Per lui non sarà facile governare. Per il peso degli amici che l’hanno accompagnato alla vittoria e poi per l’eredità ingombrante del sindaco che l’ha preceduto, Leoluca Orlando, sei volte primo cittadino per ventuno anni, un viceré che ha stravolto l’immagine di Palermo nel mondo e trasformato Palermo in una sorta di “città stato”.

Vedremo quanto voti avrà preso la lista della Nuova Democrazia Cristiana di Totò Cuffaro, vedremo quanti ne avrà la lista dell’ex ministro Saverio Romano che è un compare di Cuffaro. Ma intanto Lagalla è lì, molto siciliano, in un passato che è insieme futuro.

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