Partiamo da due fatti avvenuti negli ultimi giorni. Il primo, venerdì scorso a Firenze: un gruppo di attivisti di Ultima generazione compie l’ennesima azione di protesta per il clima. Questa volta l’obiettivo è Palazzo Vecchio, uno dei simboli della città. Ancora una volta lo strumento è la vernice lavabile. 

Di quel giorno ricorderemo il contro attivismo del sindaco Dario Nardella che era a pochi metri da dove si volgeva l’azione di protesta e che non ha esitato a placcare fisicamente uno degli attivisti. 

Poche ore dopo sul web impazzano meme, video, post di persone (poche) che si dicono a favore di queste azioni eclatanti e commenti al veleno (la maggior parte) di quelli che, al contrario, attaccano ferocemente gli attivisti che hanno avuto la colpa di prendere di mira un monumento storico: “Chi ha imbrattato palazzo Vecchio è un vandalo che fa male alla cultura, alla bellezza, all’identità di un popolo. Chi vandalizza l’arte non merita di essere ascoltato: merita di essere punito», scrive Matteo Renzi su Twitter. 

Il popolo ha sentenziato, è indignato: per colpa degli attivisti ambientalisti sono state sprecate nientemeno che 5000 litri d’acqua per ripulire la facciata del monumento (qui vale la pena ricordare che con la stessa quantità di acqua ci si produce una bistecca di manzo e non ho mai letto la stessa indignazione).

La sintesi è tutta in un altro tweet, quello del sindaco Nardella che si dice «convinto che non servano azioni eclatanti, individuali, divisive, ma battaglie largamente condivise».

Andiamo al secondo fatto: lunedì 20 marzo - sono passati due giorni dai fatti di Firenze - l’Ipcc, il gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici, pubblica la sintesi finale del sesto rapporto sulla condizione climatica planetaria.

Il rapporto dice l’aumento di temperatura di 1,5°C rischia di essere superato presto, da lì in poi può succedere qualsiasi cosa e non è una buona notizia. 

Nel rapporto degli scienziati si legge, ancora una volta, che «i cambiamenti nel settore alimentare, nel settore dell’energia elettrica, nei trasporti, nell'industria, negli edifici e nell'uso del territorio possono ridurre le emissioni di gas serra». E’ un invito ad agire il prima possibile, è l’ultimo grido d’allarme. 

Del primo fatto (Nardella contro gli ambientalisti) si è detto di tutto, le tifoserie si sono schierate. Del secondo? Mi pare di poter dire senza tema di smentita, che aldilà di questo giornale che ha dato grande spazio e una prima pagina alla notizia (leggete l’articolo di Ferdinando Cotugno), il rapporto dell’Ipcc è stato accompagnato da un silenzio generalizzato. I social non si sono mobilitati, il dibattito non si è polarizzato. La notizia è già finita nel dimenticatoio. 

E allora, ritorniamo al punto di partenza. Ha ragione Nardella a dire che «non servano azioni eclatanti» o forse è quello l’unico modo per ottenere un po’ di attenzione su questi temi? 

Le azioni eclatanti servono

Io sono convinto di sì perché è proprio grazie a quelle "azioni eclatanti e divisive” che oggi tutti hanno capito che la crisi climatica non è uno scherzo, che la siccità che stiamo attraversando è un dramma per gli ecosistemi e per interi settori economici della società, a partire dall’agricoltura, quindi al cibo che mangiamo.

Quando, ormai 15 anni fa, abbiamo fondato Terra! una delle prima azioni eclatanti che abbiamo fatto per chiedere all’Europa di dotarsi di misure per abbattere le emissioni di CO2 è stata quella di mettere delle maschere antigas e dei cartelli di “divieto di CO2” su tutte le statue di Roma.

L’indomani, anche in quel caso, il dibatto su alcuni quotidiani nazionali (in primis il Corriere della Sera che accanto alla foto in prima pagina di una delle statue ha ospitato un editoriale critico di uno storico esponente del mondo ambientalista dell’epoca) si era concentrato sulla liceità di usare le statue (patrimonio culturale della città eterna) per protestare in difesa dell’ambiente e del clima.

Già allora noi indicavamo la luna, il dibattito si concentrava sul dito. Già allora, chiedevamo di ridurre le emissioni di CO2 delle auto mentre oggi, 15 anni dopo, il governo Meloni è stretto in una difesa del diesel. 

Nn è forse l’insieme di queste azioni eclatanti, di questi gesti apparentemente forti, che sono passati i cambiamenti più profondi della società? 

Il dito e la luna

Negli anni Novanta, l’attivista nigeriano Ken Saro-Wiwa ha dovuto mettere in atto azioni eclatanti per difendere il popolo Ogoni dallo strapotere delle multinazionali petrolifere. E ha pagato con la vita. 
Nelle prime settimane degli scioperi per il clima che Greta Tumberg faceva completamente sola, marinando la scuola, si disquisiva su quanto fosse giusta che una ragazza, poco più che adolescente, saltasse tutti quei giorni di scuola per protestare. “Per il clima poi”, questo era il messaggio sotteso. 

La storia è piena di attiviste e attivisti che hanno avuto la capacità di mettere in luce i problemi, anche attraverso azioni di questo tipo (anche quelle che non ci sono piaciute tanto).

Ogni volta la reazioni dei più è stata di disappunto, spesso parternalistica, salvo poi rendersi conto che era quella indicata dagli attivisti la via giusta da seguire.

Da qui la seconda considerazione: prima di disquisire su quale sia la forma di protesta migliore, di scrivere il manuale del buon attivista che non fa danni e non disturba, non sarebbe arrivato il momento di chiedere scusa a quel movimento ambientalista che nonostante tutto, nonostante abbia ampiamente dimostrato di aver ragione, è stato trattato come un corpo estraneo della società? 
Chiedere scusa, capire le ragioni profonde di quelle azioni, è il primo passo, quello fondamentale, per una reale riconversione ecologica.

La neo segretaria del Pd, Elly Schlein ha giustamente  commentato che «al di là del metodo scelto che posso non condividere, non dobbiamo fare l'errore di guardare troppo il dito e non la Luna. Stanno solo chiedendo di ascoltare la scienza».

Ecco, forse invece di concentrarsi sul dito (i 5000 litri d’acqua) il sindaco Nardella avrebbe fatto bene a incontrarli gli attivisti di Ultima generazione, ascoltare le loro ragioni.

Ascoltare e chiedere scusa per tutto quel che non si è fatto in questi anni. L’ultima chiamata dell’Ipcc offre ancora uno spiraglio di tempo alle istituzioni, usatelo!

© Riproduzione riservata