Tre amici hanno fatto la spesa al supermercato e ora stanno cucinando insieme. Avranno degli ospiti a cena. A un certo punto uno di loro spalanca gli occhi con orrore e dice: «No! Le cinquecento lire nel carrello! Ho dimenticato le cinquecento lire nel carrello!».  Gli altri lo guardano come se fosse impazzito, lui si precipita fuori, prende la bicicletta e tutto pieno di energia torna al supermercato a recuperare la monetina dimenticata.

La scena appena descritta è molto conosciuta, viene da un bel film di Aldo, Giovanni e Giacomo, Chiedimi se sono felice (ovviamente girato quando c’erano ancora le lire). L’atteggiamento di Giovanni (che interpreta “l’avaro”, quello della monetina) ci appare al tempo stesso esagerato e familiare. Come giusto che sia in una commedia. Da un lato forse pensiamo che noi non attraverseremmo mai la città per recuperare una cifra irrisoria, dall’altro capiamo il fastidio che si prova quando si perde una somma anche piccola. Quel fastidio così concentrato, così specifico, così esagerato eppure così presente nel cuore.

Le piccole perdite

Il film mi è tornato in mente l’altro giorno quando il Cardinal Gianfranco Ravasi, molto attivo su Twitter (o X che dir si voglia), ha riportato una frase di Italo Svevo: «Curioso come a questo mondo vi sia poca gente che si rassegni a perdite piccole; sono le grandi che inducono immediatamente alla grande rassegnazione». Ravasi chiedeva se condividiamo questa riflessione contenuta ne La coscienza di Zeno. La risposta, almeno per quanto mi riguarda, è sì. Nel senso che all’interno di questa frase risuonano alcuni concetti noti di economia comportamentale.

Solo che La coscienza di Zeno è del 1923, mentre i concetti di economia comportamentale sono successivi (e hanno procurato premi Nobel a chi li ha elaborati). Italo Svevo (non che la cosa ci sorprenda) ha colto l’essenza prima che arrivasse la formalizzazione, come spesso fanno i grandi romanzieri.

Il comportamento umano, in economia più che mai, è sovente un enigma. E non è raro che le persone dedichino un’attenzione spropositata a piccole decisioni economiche, tormentandosi per lievi variazioni di prezzo. Al tempo stesso, sembrano essere talvolta sperdute o fataliste di fronte a grandi perdite o a decisioni economiche di vasta portata. Un paradosso.

Secondo Richard Thaler, esiste anzitutto una questione chiamata contabilità mentale. Le persone suddividono il denaro in diversi “conti” mentali, e il trattamento del denaro può divergere in base al conto in cui si trova: i soldi che usiamo nella quotidianità sono percepiti in modo diverso rispetto ai soldi che riguardano decisioni di lungo termine.

Ci arrabbiamo perché il nostro piatto preferito al ristorante è aumentato di alcuni euro, ma la persona media non si pone così spesso il problema di quello che accade ai risparmi che la banca le ha fatto investire in un certo prodotto, risparmi che magari fluttuano moltissimo ogni giorno a causa dei movimenti di mercato.

Analisi e percezioni

Poi c’è la paralisi da analisi. Per le decisioni più piccole, gli individui spesso si permettono il lusso di riflettere su ogni dettaglio. Potrebbero trascorrere ore a confrontare prodotti che differiscono di pochi euro.

Tuttavia, quando sono di fronte a grandi decisioni, l’enorme quantità di informazioni e la laboriosità determinano un affaticamento decisionale, portando le persone ad accettare scorciatoie analitiche. Le grandi decisioni, inoltre, portano con sé un peso emotivo, quando non causano una vera e propria paura. Questo offusca ulteriormente il ragionamento.

Il contesto e le aspettative, poi, influenzano le percezioni: una piccola perdita inaspettata può provocare una reazione negativa più forte perché è vista come una spiacevole sorpresa, mentre una grande perdita prevista, se poi si rivela più contenuta di quello che temevamo, può essere vista quasi con sollievo.

Anche la frequenza delle decisioni gioca un ruolo. Le decisioni piccole sono prese regolarmente e diventano routine, ricevendo quella maggiore attenzione che deriva dalla familiarità col problema. Al contrario, le decisioni economiche di grande portata, come l’acquisto di una casa, sono meno frequenti e conducono le persone in un territorio inospitale, portandole ad affidarsi agli esperti o a criteri decisionali semplificati.

Infine, sappiamo bene che talvolta arrabbiarsi per le cose piccole è anche un modo per tenere a bada l’angoscia dell’abisso, mentre arrabbiarsi per le cose grandi può solo generare un tormento senza fine. Come talvolta accade, una forma di istinto di sopravvivenza psicologica ci suggerisce di comportarci paradossalmente.

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