Nelle nuove indicazioni nazionali per il primo ciclo di istruzione volute dal ministro Valditara una scuola che volge lo sguardo al passato, dai tratti identitari, classisti, occidentocentrici e lontani dalle pratiche didattiche che mettono al centro l’apprendimento
Le Indicazioni nazionali per il curricolo 2025, dalla loro comparsa a oggi, hanno avuto hanno un iter a dir poco travagliato. E il mondo della scuola, della pedagogia democratica, dell’associazionismo professionale e sociale contro. Perché? Per l’impianto complessivo che volge lo sguardo a una scuola del passato, dai tratti identitari, classisti, occidentocentrici e lontani dalle pratiche didattiche che mettono al centro l’apprendimento.
Uscite in prima bozza a marzo. Redatte in stesura definitiva a luglio. Al momento sospese, in attesa di un parere definitivo del Consiglio di Stato che ha evidenziato limiti importanti del testo definiti addirittura strutturali. Limiti già messi in evidenza dal Cspi ma che non erano stati recepiti in tutta la loro portata dalla cosiddetta Commissione Perla, commissione anch’essa da più parti criticata per la sua composizione non improntata al pluralismo.
Le Indicazioni per il primo ciclo 2025 hanno il dichiarato scopo di fondare l’innovazione della scuola su una radicale discontinuità culturale e pedagogica rispetto alle indicazioni del 2012 con un testo che continua a sollevare interrogativi e gravi preoccupazioni al punto che si è costituito un tavolo nazionale, il Tavolo per la scuola democratica a cui hanno aderito un trentina di associazioni, sindacati e realtà del terzo settore, per dire no all’applicazione di questo testo definito contrario alla scuola della Costituzione.
Scuola e famiglie
Molto discussa dal mondo dell’educazione la parte in premessa in cui si fa riferimento a una netta distinzione tra istruzione, demandata alla scuola, ed educazione, che sarebbe affidata alla famiglia. Decenni di ricerca pedagogica e di pratica didattica hanno dimostrato che la scuola educa mentre istruisce e istruisce mentre educa, in continua e dialogica alleanza con la famiglia, con gli studenti e le studentesse, con le realtà associative e di azione educativa che vivono nei luoghi in cui la scuola agisce. Questa pervasività delle famiglie e questa separazione forzosa è evidentemente anche in linea con le recenti proposte di eliminazione dell’educazione affettiva e sessuale dal primo ciclo e della richiesta di consenso informato per il secondo ciclo poiché si ritiene che siano temi di pertinenza esclusiva delle famiglie.
Personalizzazione
Ad impensierire il mondo della scuola anche una marcata tendenza, nelle Indicazioni 2025, alla personalizzazione degli apprendimenti che vira in maniera decisa verso la coltivazione dei talenti individuali. A scapito dell’individualizzazione degli apprendimenti che invece rappresenta una strategia didattica volta a garantire a ogni studente il diritto all’uguaglianza nell’apprendere e nel raggiungere traguardi formativi. L’assenza del principio costituzionale della individualizzazione rischia di mettere in ombra i processi inclusivi nella scuola e di sedimentare e cristallizzare diseguaglianze, allontanando i valori di equità e solidarietà alla base dei processi condivisi e collaborativi di apprendimento.
Il principio della valorizzazione dei talenti individuali traspare anche nella parte delle Indicazioni dedicata alla valutazione. Scompare quell’orizzonte della valutazione intesa come attività regolativa dei processi di insegnamento / apprendimento per lasciare il passo a una visione selettiva della valutazione che ha fatto la sua comparsa con la revisione della valutazione nella scuola primaria targata sempre Valditara. Molto discussa dal mondo pedagogico anche la sezione riservata all’infanzia che ci riporta molto indietro nel tempo per la sua centratura tutta sull’adulto costantemente preoccupato di trasmettere norme e valori senza un’integrazione reale coi bisogni delle bambine e dei bambini.
Trasmissività e occidentalismo
La logica trasmissiva delle conoscenze è la linea rossa che lega tutto il testo delle Indicazioni nazionali 2025 compresa la nuova visione del docente, detto Magister, che dovrebbe acquisire una rinnovata autorevolezza dalla trasmissione di conoscenze. Tutto il contrario del docente facilitatore d’apprendimento che le recenti, e neanche tanto, visioni pedagogiche hanno di fatto regolato la didattica nelle scuole.
Oltre all’ossessione trasmissiva, nel testo, c’è anche l’ossessione identitaria che ha interessato la più macroscopica delle revisioni ovvero quella della storia definita da più parti pan-occidentalistica, eurocentrica, nazionalista, identitaria appunto. È stata di fatto cancellata la storia come ricostruzione scientifica del passato e sostituita da una narrazione mitizzata e unidirezionale, centrata sulla biografia della nazione e non sullo studio critico delle fonti, fondamentale per lo sviluppo del pensiero storico. Enfatizzata l’idea del racconto celebrativo di una storia nazionale di carattere ottocentesco. Questa virata identitaria fa il paio con la sparizione dell’orizzonte dell’intercultura che invece era la era vera trama delle preesistenti Indicazioni con cui si sono misurate le pratiche didattiche nelle classi reali del nostro paese sempre più plurali.
Di fronte a questa retromarcia il mondo della scuola da mesi si mobilita per dire no a una scuola che guarda al passato, incapace di affrontare le drammatiche complessità del presente. Che è anche lo slogan del Tavolo nazionale per la scuola democratica.
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