- A osservarla da qui, con occhi distratti, la repressione scatenata dall’esercito e dalla polizia del Perù a dicembre e a gennaio, dopo la crisi politica seguita all’auto golpe del presidente Pedro Castillo e la nomina alla presidenza di Dina Boluarte, sembrava qualcosa di “ordinario”.
- Poi, dal 29 gennaio all’11 febbraio, una delegazione di Amnesty International si è recata nel paese sudamericano.
- A quel punto, i 48 morti e gli oltre 1200 feriti durante le manifestazioni hanno iniziato ad avere non solo un nome ma anche una storia: la repressione è stata massiccia soprattutto nelle regioni dove vive un’ampia popolazione contadina e nativa
A osservarla da qui, con occhi distratti, la repressione scatenata dall’esercito e dalla polizia del Perù a dicembre e a gennaio, dopo la crisi politica seguita all’auto golpe del presidente Pedro Castillo, deposto entro poche ore, e la nomina alla presidenza di Dina Boluarte, sembrava qualcosa di “ordinario”: chi assume il potere decreta lo stato d’emergenza e usa il pugno di ferro contro le proteste. Poi, dal 29 gennaio all’11 febbraio, una delegazione di Amnesty International si è recata n



