Nasce per iniziativa di Alleanza Giellista e Critica liberale il comitato nazionale per il no ai referendum sulla giustizia e sostiene anche l’astensione dal voto al fine di non raggiungere il quorum di legge.

L’appello

Secondo i creatori del comitato, l’uso corretto del referendum «è l’abrogazione di leggi che si ritengono sbagliate, non il taglio di parti di leggi per ottenere risultati diversi dal principio della legge stessa. Il referendum deve essere abrogativo e non una forma surrettizia e impropria di legiferare».

Il nocciolo dell’obiezione del comitato è proprio l’uso improprio dello strumento referendario, che non dovrebbe invadere il campo del parlamento sulla capacità di legiferare. Secondo i promotori, i referendum vengono inoltre utilizzati in chiave antiparlamentare.

Soffiare sul fuoco dell’antiparlamentarismo, per chi si batte per il no è gravissimo. «Il fatto che alcune forze politiche abbiano proposto dei referendum, non per migliorare la giustizia italiana, ma per indebolire la magistratura è molto pericoloso. La giustizia italiana, come tutte le burocrazie di questo paese, funziona male».

Inoltre, si legge nell’appello che istituisce i comitati, «i referendum proposti non toccano alcun elemento reale per migliorare e velocizzare il sistema giudiziario, il loro obiettivo generale è chiaro: aumentare ulteriormente l’impunità, in particolare per i crimini dei potenti che meglio possono avvalersi di interpretazioni capziose e negatrici del diritto».

L’abolizione della Severino

Ad aver suscitato in particolar modo l’indignazione dei promotori «sono l’abolizione della Severino con l’intento di riportare i corrotti in parlamento e il depotenziamento indiscriminato della custodia cautelare, che aggrava l’insicurezza dei cittadini e non migliora le garanzie di libertà». 

C’è problematicità anche sui quesiti che riguardano separazione delle funzioni e metodo di votazione del Csm. «La verità è che anche questi quesiti referendari hanno l’obiettivo non solo simbolico di punire la magistratura». La soluzione non è quella di scomporre il paese «tra sedicenti “garantisti” e cosiddetti “giustizialisti”. La Giustizia deve essere davvero efficiente e uguale per tutti, senza privilegi e impunità».

I promotori sottolineano anche il paradosso che a proporre i quesiti c’è la Lega, da sempre tra i più attivi a improntare la propria campagna elettorale su una base securitaria. 

«La Lega è un partito beceramente “giustizialista” o placidamente “garantista” a seconda di chi sia il presunto colpevole. Se sono immigrati, la condanna è istantanea, non solo senza appello, ma proprio senza processo; se invece i presunti colpevoli sono propri membri o rappresentanti della sua base elettorale ecco diventare improvvisamente e graniticamente garantista», si legge nell’appello.

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