In una democrazia la partecipazione è sempre auspicabile e auspicata, ma in una democrazia liberale che tutela i diritti è più che legittima la scelta di non andare a votare. Soprattutto in occasione dei cinque referendum sulla giustizia di oggi.

L’astensione ha due argomenti solidi. Il primo tattico: l’elettore che condivide i quesiti ha più impatto se sceglie l’astensione e rende più difficile raggiungere il quorum piuttosto che se vota No (e così facendo rende marginalmente più probabile il quorum).

Il secondo argomento è di principio. Come spiega bene il costituzionalista Andrea Morrone nel suo libro La Repubblica dei referendum (il Mulino), consultazioni come l’attuale non rientrano nello spirito originario.

Non sono, cioè, la garanzia ultima offerta dalla Costituzione per cancellare leggi imposte da una maggioranza parlamentare abusando del suo temporaneo potere. Sono, piuttosto, operazioni politico-partitiche che cercano di introdurre in modo surrettizio riforme che non hanno l’appoggio della maggioranza dei rappresentanti eletti.

Chi ha a cuore la difesa della democrazia rappresentativa, dunque, ha tutto il diritto di boicottare consultazioni che cercano di aggirarne i pesi e i contrappesi.

Nel caso specifico, i quesiti sulla giustizia oscillano tra l’ideologico e il corporativo. Battaglie di singole categorie (avvocati, sindaci indagati) che neppure provano ad argomentare l’interesse generale.

Davvero un pm che fa il giudice è più incline alle condanne? E un giudice che diventa pm è più indulgente? Boh, trent’anni di polemiche e nessuno che si sia premurato di provare a dare una base empirica a prese di posizione preconcette.

La custodia cautelare in carcere è sicuramente un argomento delicato, come giornale stiamo raccontando da due anni tutte le storture del sistema carcere, ma davvero sono sempre superflue quando c’è il rischio di reiterazione del reato? Difficile sostenerlo, perfino la Lega, nei giorni dispari, vuole sbattere in cella chiunque sia anche solo sospettato di infastidire il prossimo (a condizione che il sospettato non abbia la pelle chiara, par di capire). In quelli pari vuole tutti a piede libero.

E fare il sindaco è certamente diventato un mestiere pericoloso e difficile, visti i rischi di conseguenze penali. Ma la legge Severino, che ha portato tra l’altro alla decadenza del senatore pregiudicato Silvio Berlusconi (condannato per frode discale), è uno dei pochi argini di decenza al completo degrado della nostra classe politica. Forse ha maglie troppo strette, ma certo non è con un “liberi tutti” che si migliorano le cose.

Domani ha raccontato nel dettaglio il dibattito sui quesiti referendari, sul giornale e nella newsletter In Contradditorio di Giulia Merlo. Ma, dopo essersi adeguatamente informati, si può anche arrivare alla conclusione che è meglio non votare.

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