Il giornalista Corrado Augias si è presentato all'ambasciata francese a Roma per restituire la Legion d'onore, per protesta contro il presidente francese Emmanuel Macron che ha concesso la medesima onorificenza all'omologo egiziano Abdel Fattah al Sisi. Augias aiuta ad accendere un faro sulle contraddizioni dell'oscura vicenda dell'assassinio di Giulio Regeni che al Sisi è accusato di coprire se non peggio. Infatti nessun italiano ha protestato contro il presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando, il 2 aprile 2018, ha inviato ad al Sisi un messaggio di felicitazioni per la rielezione ottenuta con un 97 per cento dei voti non fragrante di democrazia. Augias non è né ipocrita né sprovveduto, perciò il suo sembra più un attacco a Macron che al presidente egiziano. Perché qui la vera gara, paradossalmente, non è a chi è più severo con il regime del Cairo, ma a chi se lo fa più amico, magari a colpi di onorificenze.

Un passo indietro. Il 30 agosto 2015 l'Eni annuncia di aver trovato in un tratto del Mediterraneo di competenza egiziana uno dei maggiori giacimenti di idrocarburi del mondo, accreditato di 850 miliardi di metri cubi di gas, pari circa al dieci anni di fabbisogno italiano. Pochi mesi dopo, la sera del 25 gennaio 2016, il giovane ricercatore Giulio Regeni, 28 anni, scompare al Cairo. Il 3 febbraio il ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi atterra al Cairo per celebrare il grande affare dell'Eni. Incontra al Sisi che si profonde in salamelecchi sul futuro radioso delle relazioni con l'Italia, principale partner commerciale europeo dell'Egitto. La sera stessa viene trovato il corpo senza vita di Regeni. Guidi annulla la missione commerciale e incontra in ambasciata i genitori di Regeni che erano giunti al Cairo in cerca di notizie del figlio.

Fin dalle prime ore il governo egiziano assume un atteggiamento apparentemente incomprensibile. Parla della morte di Regeni come di un "atto criminale" e promette agli amici italiani una serrata caccia ai torturatori e assassini di Giulio che però non trovano mai. Due le possibili interpretazioni: o ci prendono in giro o sanno che è stato qualcun altro per loro imprendibile. Magari un servizio segreto straniero. L'atteggiamento del ministro degli Esteri dell'epoca Paolo Gentiloni e degli altri vertici istituzionali può essere letto a sua volta in due modi: o si fanno prendere in giro dagli egiziani, magari solo per difendere gli affari dell'Eni come molti critici adombrano, oppure sanno anche loro che l'Egito è vittima come l'Italia. La seconda ipotesi spiegherebbe la strana danza diplomatica di questi anni, sempre un passo avanti e due indietro.

E infatti. Il 21 febbraio 2016, appena 18 giorni dopo il ritrovamento del corpo di Regeni, il ministero del Petrolio firma l'assegnazione all'Eni da parte della Egyptian Natural Gas Holding Company (Egas), del contratto di sviluppo di Zohr, il grande giacimento di gas. La protesta di buona parte dell'opinione pubblica è comprensibile: ammazzano il nostro ragazzo e noi stiamo zitti così l'Eni non perde il gas. Eppure l'atteggiamento apparentemente pusillanime del governo Renzi (che è rimasto tale con Gentiloni, Conte 1 e Conte 2) appare conforme alla lettura dei fatti proposta da al Sisi in pubblico, figuriamoci in privato.

Già il 16 marzo 2016, un mese e mezzo dopo la morte di Regeni, al Sisi si fa intervistare da Repubblica e fa notare che la "tempistica" dell'omicidio gli fa attribuire l'orrendo delitto a qualcuno che "abbia interesse a boicottare o bloccare l'ampia collaborazione tra Italia e Egitto sul fronte dell'energia e della sicurezza". Due anni dopo, il 31 gennaio 2018, il presidente egiziano è più esplicito. Va a Port Said con l'amministratore delegato dell'Eni Claudio Descalzi a inaugurare il giacimento Zohr, e gli dice: "Sa perché volevano danneggiare le relazioni fra Egitto ed Italia? Perché non arrivassimo qui". L'agenzia Ansa titola: "Al Sisi: Regeni ucciso per danneggiare nostre relazioni". In seguito il regime egiziano ha chiesto due navi da guerra alla Fincantieri e il governo italiano si è precipitato a fargli dare due fregate già costruite per la Marina militare italiana. Quindi, o l'Italia è in mano a una banda di pazzi, oppure ai vertici delle nostre istituzioni, Quirinale in testa, si pensa davvero che dietro la morte di Regeni non ci sia al Sisi ma qualche potenza occidentale interessata a mettere un cuneo nei rapporti italo-egiziani e a scippare all'Eni il giacimento Zohr. E allora è tutto più chiaro.

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