Tra i vari nodi aperti all’interno della legge di Bilancio, desideriamo fare luce sulla situazione dei lavoratori somministrati che prestano la loro attività presso le sedi periferiche – prefetture e questure – del ministero dell’Interno. Il prossimo 31 dicembre, infatti, scadono i contratti di circa 1.200 lavoratori, oramai in forza dalla primavera del 2021, che forniscono un servizio fondamentale per il corretto funzionamento degli sportelli unici dell’immigrazione, svolgendo in particolare le attività legate al rilascio dei nulla osta e dei relativi permessi di soggiorno, oltre ai servizi legati al riconoscimento del diritto d’asilo. Non solo questi lavoratori hanno garantito dei diritti essenziali agli immigrati, ma il loro lavoro è indispensabile anche per il personale delle forze di Polizia che altrimenti dovrebbero dedicarsi in massa alle pratiche connesse all’immigrazione più di quanto già non facciano, sottraendo evidentemente numeri ed energie al presidio del territorio, come più volte ripetuto anche dagli stessi sindacati di Polizia.

Solo proroghe

Pertanto, la continuità lavorativa di queste persone è prima di tutto una questione legata alla sicurezza dei cittadini, sia per le conseguenze che un’eventuale interruzione avrebbe sulle forze di polizia, che per quanto riguarda la celerità e il buon andamento degli uffici: infatti il riconoscimento dei diritti costituzionalmente garantiti alla persona migrante rende possibile la piena legalità della permanenza sul nostro territorio.

Questi lavoratori sono passati attraverso un accidentato percorso fatto di proroghe tecniche e straordinarie legate in particolare all’emergenza Ucraina che evidentemente ha provocato una maggiore pressione sul sistema di accoglienza del nostro paese.

Come sempre è nelle emergenze che ci rendiamo conto di quanto siamo carenti di risorse e soluzioni ordinarie. Infatti queste persone si sono rese ancora più indispensabili nello svolgere le attività eccezionali dovute alla situazione derivante dal conflitto russo/ucraino, ma al tempo stesso, decine di prefetti (tra cui lo stesso attuale ministro quando era prefetto di Roma) hanno esplicitato l’indispensabile servizio che queste persone svolgono a fronte di una carenza strutturale di organico per fronteggiare le attività connesse a vario titolo sotto il cappello immigrazione, caldeggiando per una loro continuità occupazionale.

Lavoratori insostituibili

Il dato certo che mette d’accordo tutti e che alla fine finora ha sempre contribuito a far cedere anche alle pressioni sindacali è la loro insostituibilità: i lavoratori sebbene assunti per operare nell’ambito dell’immigrazione, in realtà svolgono poi nelle strutture periferiche del ministero, che versano in una gravissima scarsità di organico, una molteplicità di attività, molte delle quali sono ordinarie o addirittura di pertinenza delle forze di polizia.

È chiaro che non possiamo permetterci come sistema l’interruzione anche temporanea di questi lavoratori. Oltre a queste necessità, già di per sé gravose, si aggiungeranno anche altre attività future connesse al disbrigo delle pratiche del cosiddetto “decreto flussi”, ovvero le richieste di nulla osta e il rilascio del relativo permesso di soggiorno per motivi di lavoro autorizzate dal governo.

È quindi indispensabile procedere alla conferma di queste lavoratrici e di questi lavoratori, che nel corso dei mesi hanno maturato una non scontata professionalità e competenza: è l’attuale organico che deve proseguire l’attività lavorativa, in quanto già formato e già a conoscenza non solo delle singole attività ma anche del funzionamento complessivo degli uffici, che sono spesso luoghi e realtà molto particolari e delicate, non certo di semplice interpretazione (non solo linguistica…) dal punto di vista della adattabilità alle singole e molteplici situazioni che ogni operatore è quotidianamente chiamato ad affrontare.

Questa problematica non ha colore politico, o meglio, forse ha tinte che possono coprire tutto l’arco parlamentare: l’interruzione di questi contratti aprirebbe un problema di sicurezza non di poco conto, in quanto il personale di polizia dovrebbe sostituire il presidio del territorio con le pratiche amministrative; così anche i diritti dei migranti sono messi in discussione, prolungando i tempi di attesa per il rilascio della idonea documentazione per il regolare soggiorno in Italia, senza considerare che tali ritardi prestano il fianco a scelte e organizzazioni malavitose che vivono e prosperano proprio grazie il malfunzionamento dell’apparato amministrativo statale.

C’è ancora tempo per intervenire, quantomeno per prorogare tutti i contratti per tutto l’anno 2023 e precedere nel mentre a un percorso di stabilizzazione. Chiediamo al governo un segnale forte, per non fare un passo indietro dal punto di vista della sicurezza e del destino occupazionale di 1.200 famiglie. Churchill diceva che «una mela al giorno toglie il medico di torno. Basta avere buona mira».

Il ministero ha un albero ricco di frutti, vediamo di raccoglierli e usarli bene, perché abbiamo un gran bisogno di giovani preparati e formati che contribuiscano a migliorare la sicurezza dei cittadini e a garantire i diritti e i doveri dei migranti.

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