Commenti

Quello che mio padre non mi ha detto dell’incontro con il male

  • Nonostante questo amore per la parola, e per il raccontare, papà non ha parlato subito, ha tenuto per sé, a lungo, la valigia delle mille cose che avrebbe potuto dirci; come altri superstiti, ha avuto bisogno di tempo, di distacco. Troppo forte il trauma.
  • Cosa hai visto papà su quella banchina, mi chiedo, cosa non ci hai potuto raccontare dell’abiezione dell’uomo, delle sue paure, del terrore, del suo impazzimento, quante cose non ci hai raccontato?
  • Mio padre era lì. Avrà visto le stesse inconcepibili scene. Chissà come ha retto mio padre. Me lo chiedo spesso e me lo sono chiesto. Chissà cosa ha fatto e se e a quali compromessi è stato costretto, fin dove è arrivato, e chissà poi cosa ha pensato dell’essere umano.

Ora che il tempo, malvagio, tende ad ingiallire i ricordi, è sempre più difficile ritrovare, con la mente, la voce di mio padre che risuona forte dentro le stanze di casa, mentre racconta di sé, degli incredibili paesaggi della sua memoria, della cenere umana nell’aria e della fame. Mi concentro per risentire quel timbro profondo, quel profumo, e le parole così pesate che usava, per spiegare il dolore. “Mamma”, per esempio, era una parola che gli inumidiva gli occhi, che non pronunciava sov

Per continuare a leggere questo articolo