La senatrice a vita, sopravvissuta di Auschwitz, Liliana Segre ha invitato a visitare il Memoriale della Shoah di Milano la social star Chiara Ferragni  e così ha toccato un nodo fondamentale nella trasmissione della Memoria: l’ampliamento dei pubblici che s’interessano a questi argomenti.

C’è oggi una fondamentale necessità di arrivare a più persone possibili, trasmettere a nuovi pubblici il significato della Memoria; scuola, associazionismo e gli altri percorsi più canonici e formali hanno dimostrato di essere non sempre sufficienti ad attrarre nuovi utenti.

Presentazioni di libri, seminari, convegni, mostre e eventi vari purtroppo vedono spesso la presenza sempre delle solite persone interessate, con poche eccezioni.

Soprattutto la politica, ma non solo essa, ha talvolta distorto i messaggi sulla Memoria, rendendoli retorici e poco attrattivi ai non specialisti, trasmettendo frequentemente ai giovani (ma non solo a loro) messaggi di stanca o addirittura di repulsioni, dovuti al fatto che non si è adeguatamente trasmessi i caratteri principali e peculiari della Shoah.

Sappiamo bene il potere che possiedono queste figure di riferimento social che influenzano gli interessi dei loro follower, e quindi certamente un interesse non occasionale, ma duraturo e anche adeguatamente guidato, di un personaggio come Chiara Ferragni può rappresentare una sferzata verso l’apertura a nuove forme di comunicazione e rappresentazione, che oggi sono scarsamente presenti e usate.

Di solito i social sono usati da chi si occupa di questi temi soltanto per comunicare eventi o poco più.

Segre non ha certo scelto a caso a quali influencer rivolgersi: Ferragni e suo marito Fedez non sono nuovi a incursioni su temi sociali e culturali, vedi la visita fatta al Museo degli Uffizi e l’impegno verso le cause Lgbt.

Questa proposta, che se non arrivasse da una persona come la senatrice Segre potrebbe suonare anche una provocazione, ma promossa da una figura così importante e autorevole, può sicuramente aprire un dibattito su questo tema, d’importanza centrale in un domani ormai prossimo nel quale i testimoni della Shoah non saranno più con noi.

Il rischio della “Shoah Pop”

L’idea di Segre ci pone di fronte a nuovi orizzonti comunicativi, starà poi a noi, educatori, storici, professori e maestri a metterci in gioco ed essere al passo con questa sfida.

Certamente, non sarà sufficiente la mera presenza degli influencer e la comunicazione sui social, anzi questi approcci dovranno essere solo il primo o primissimo approccio, tutto dovrà poi portare verso più sostanziali approfondimenti storici, etici, politici e filosofici.

Narrativa di qualità e messaggi social di qualità possono essere quei fuochi d’artificio che permettono d’attrarre nuove utenze, ma allo stesso tempo dobbiamo poi garantire la continuità di questi percorsi perché quei fuochi effimeri si trasformino in falò perenni.

Un’impresa sicuramente non facile, perché il mondo social non è esente rischi, anzi molto spesso hanno rappresentato uno scivolamento verso alcuni pericoli che possono sminuire il potere educativo e civico di quella che chiamiamo Memoria. Vari studi e ricerche ci testimoniano questo, la Shoah pop è un rischio reale e concreto, pieno di problematiche. Ma non è evitando le sfide che si vincono queste battaglie.

Gli adulti si devono assumersi le loro responsabilità, come ha fatto Liliana Segre segnandoci il passo. 

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