Ora che è stato rieletto sindaco di Milano, Beppe Sala dovrà riprendere in mano il dossier del nuovo stadio di San Siro. Inter e Milan spingono un mega progetto, incentrato su un impianto studiato a misura delle loro esigenze, aventi natura solo finanziaria; quelle della città vengono però ben prima. Se le due società faticano a capirlo, si spera che Sala, rafforzato dal risultato, voglia chiarirgli il punto.

I club hanno un piano da 1,2 miliardi per abbattere lo storico Meazza, costruire il nuovo stadio e realizzare un «innovativo distretto multifunzionale», magniloquente frase che, tradotta, di solito significa costruire altre case e centri commerciali.

Contrariamente alle tesi dei club, il Meazza funziona bene e non ha problemi di natura statica; non c'è bisogno di abbatterlo, l’ha accertato la società MM su richiesta del comune. A Milano non serve questo lago di cemento che si mangerebbe altro suolo. Il più vocale sostenitore del piano è l’Inter, controllato dal gruppo cinese Suning, in gravi ambasce finanziarie; esso spera di uscirne vendendo il club, che nel 2020 ha perso quasi 250 milioni.

Ora che Suning – lo scrive il Financial Times – sta faticosamente negoziando la ristrutturazione del suo maxi-debito (pare siano 2,5 miliardi di dollari), vendere l’Inter una volta ottenuto il permesso del nuovo stadio sarebbe davvero un bel colpo. E placherebbe forse le ansie del governo cinese, deciso a chiuderla con le dispendiose escursioni estere dei suoi Paperoni.

Le modifiche necessarie

Secondo l’Inter, il nuovo stadio darà maggiori incassi di 80 milioni l’anno a ognuno dei due club; anche il più cauto Milan deve mostrare al suo attuale padrone, il fondo di private equity Usa Elliott, la bontà dell’investimento. E Milano dovrebbe piegarsi per consentire loro di pagare qualche “circense” in più.

Il Meazza ha bisogno di modifiche, come l’eliminazione del terzo anello, ma a dettare l’agenda non possono essere Inter e Milan; se fra cinque anni ai nuovi padroni servisse altro, dovrebbe Milano salvarli dai loro errori d’investimento?

Pierpaolo Lio sul Corriere della sera scrive che il calo degli incassi legato al Covid-19 spinge i club a chiedere al comune forti sconti sul cannone d’affitto del Meazza. La richiesta è legittima solo se tiene conto di tutti gli incassi dei club per le partite giocate nello stadio. Il contratto, redatto vent’anni fa, stabilisce «l’eventuale limitazione, in occasione delle manifestazioni sportive, dell’utilizzo dello stadio per qualsiasi causa non imputabile (alle) concessionarie per un periodo superiore a trenta giorni consecutivi comporterà una riduzione in percentuale del canone annuo proporzionale alla riduzione degli incassi rispetto a quelli percepiti dalle concessionarie nell’ultimo anni di pieno utilizzo».

Il contratto si riferisce a tutti gli incassi, ma i club vorrebbero ridurre il canone annuo – i 9,5 milioni attuali non paiono eccessivi per chi spende anche decine di milioni a giocatore – tenendo conto della sola riduzione di biglietti e abbonamenti, bellamente ignorando i diritti tv e gli altri incassi delle gare. E il Covid-19 è costato ben di più al comune, centinaia di milioni.

Le difficoltà del settore vengono da lontano; già nei primi anni Ottanta alcuni dei nostri club spendevano quasi il 100 per cento degli incassi per i soli compensi ai giocatori. Le due squadre diranno che, senza il nuovo stadio, esse rischiano di passare a proprietari simili a quelli che ora imbarazzano Londra e non solo.

La verità è che il nuovo stadio serve proprio a facilitare la vendita a chi può pagare di più. E fra i grandi problemi del nostro calcio c’è quello della proprietà, in molti casi facente capo a soggetti che è eufemistico definire di dubbia affidabilità.

La sola a essersi espressa contro il progetto è Elena Grandi, assessora a Verde, demanio e ambiente. Il progetto va fermato, anche se i proprietari riconoscessero mai al comune una congrua percentuale del profitto che, grazie al nuovo stadio, realizzeranno infine sulla cessione dei club.

Bisogna anche fare in fretta. Il Coni ha già detto che le Olimpiadi invernali del 2026 non potranno svolgersi con un cantiere aperto al posto del Meazza. Si spera che il comune non sacrifichi il quadrante nord ovest di Milano alle mutevoli convenienze di proprietari volatili e assai remoti dalla città. Tanto da aver vantato, a primavera, la lunga storia dell’Inter, destinata a continuare anche dopo l’uscita di Sala dal comune. Alla fine saranno loro a uscir di scena ben prima del sindaco.

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