Al di là della strada, in via Tesio, c'è il parco intitolato a Cesare Maldini e Giacinto Facchetti. Gabriella Bruschi ci accompagna a visitarlo e, intanto, lascia il suo cane libero di correre per il pratone al di là del quale si staglia lo stadio di San Siro, "sua Maestà" a rischio di pensionamento per volere di Milan e Inter.

Le due società vorrebbero abbatterlo (solo parzialmente a causa di uno stop da parte della Sovrintendenza, ancora ufficioso ma già chiaro) e costruire a fianco un nuovo impianto "moderno ed europeo", come si dice spesso, in grado d'incrementare i ricavi (calcistici e non) attraverso più posti premium e servizi in grado di far vivere la zona sette giorni su sette.

Il parco dove dovrebbe sorgere il nuovo stadio è un grande prato verde permeabile, con un centinaio di alberi intorno, panchine e nuove lampade a led. «Un parco - dice Gabriella - molto giovane, voluto in modo bipartisan, realizzato nel 2015-2016, che verrebbe cancellato dallo stadio, mentre avrebbe un grande potenziale. Potrebbe ospitare diverse attività, da sport all’aria aperta a un percorso pubblico di agility dog che a Milano manca».

Ci mostra, con la mano, il punto in cui verrebbe nascerebbe la nuova costruzione. Siamo a venti metri dalle case di via Tesio. Troppo vicino, per i residenti. Troppa ombra proiettata sulle abitazioni, troppo in fretta archiviato il "parco San Siro" che sulle mappe di Google non esisteva nemmeno prima che Gabriella e gli altri creassero il geotag.

Stadio o parco

Il nuovo stadio di Milano è stato introdotto nel dibattito pubblico a settembre del 2019 con una presentazione in pompa magna. I due club prospettano un investimento da un miliardo e 200 milioni di euro tra stadio nuovo (550-600 milioni) e servizi paralleli: centro commerciale, albergo, uffici e ristoranti. Il Comune è coinvolto perché lo stadio e i terreni intorno sono di proprietà pubblica. Se la prima reazione è stata entusiastica, col passare dei mesi sono aumentati i dubbiosi.

Gabriella Bruschi è in prima linea su questo fronte: ha fondato il Coordinamento San Siro e sarà capolista alle elezioni comunali del 3 ottobre 2021 in una lista civica ambientalista alternativa al sindaco uscente Beppe Sala, così come tanti altri esponenti dei comitati cittadini. «Viene distrutto un parco - spiega - e uno stadio ritenuto ancora all'avanguardia, che nel 2016 ha ospitato la finale di Champions League, per costruire un impianto più piccolo e realizzare una serie di servizi che, al quartiere, non servono e che con la pandemia Covid sono diventati ancora più inutili. In prospettiva di smart working, che fine faranno tutti i palazzi dedicati agli uffici? E abbiamo davvero bisogno di un altro centro commerciale uguale a tutti gli altri?».

Lo stadio che Milan e Inter vorrebbero costruire e condividere sarà ridotto a 58-60 mila posti contro i circa 70 mila del Meazza, ma avrebbe ben 12.500 posti premium, a ridosso del campo, vendibili a prezzi elevati. I servizi accessori garantirebbero ricavi per tutti i giorni dell'anno. Il buono stato finanziario dei club è un bene pubblico in quanto crea indotto e contribuisce, nel settore sportivo, a tenere alta l'immagine della città. Il Meazza stesso, simbolo identitario indiscusso, sarebbe semi sconosciuto senza i successi internazionali rossoneri e nerazzurri. Tuttavia archiviare così in fretta uno stadio prestigioso, simbolo di Milano quasi quanto la Scala e il Duomo, secondo museo cittadino più visitato, pare azzardato a tanti.

La ristrutturazione

È stato così riproposto un progetto di ristrutturazione del Meazza, firmato da Riccardo Aceti e Nicola Magistretti, alternativo al nuovo impianto. Già depositato negli uffici comunali con tanto di piano di fattibilità finanziaria, costerebbe molto meno (si parla di 200-300 milioni) e consisterebbe nell'eliminazione del terzo anello, oggi quasi inutilizzato, per sostituirlo con una galleria panoramica in grado di “restituire” volumi da utilizzare a piacimento: ristoranti, sport indoor e passerella a cinquanta metri d’altezza, con vista sulla città e sui parchi del quadrante ovest. Altri volumi destinati a negozi e ristorazione possono essere ricavati, secondo il team di architetti, in spazi vuoti del primo e secondo anello, che sarebbero comunque ammodernati visto che risalgono agli anni '30 e '50. Infine si potrebbero edificare alcune strutture secondarie, come un albergo o una palazzina per uffici, intorno al Meazza, sfruttando due parcheggi.

I fautori della ristrutturazione ne sottolineano i vantaggi: verrebbero salvati sia il parco di via Tesio sia un simbolo storico della città. E l’impatto sul territorio sarebbe di gran lunga meno invasivo. Una fetta importante di politica cittadina ha visto nella ristrutturazione proposta da Aceti e Magistretti la soluzione definitiva al problema del nuovo stadio. La Lega ha organizzato convegni per sostenerla, salvo poi cambiare valutazione e aderire alle richieste di Milan e Inter. Ma un altro rappresentante del centrodestra continua a promuoverla senza tregua. È Marco Bestetti, presidente del Municipio 7 (quello del quartiere San Siro), coordinatore nazionale dei giovani di Forza Italia e prossimo alla candidatura in consiglio comunale.

«Le squadre - ci dice Bestetti - si sono presentate alla città dicendo che non c'era un'alternativa all'abbattimento per avere un impianto competitivo e capace di generare profitti. Poi alcuni amministratori, i comitati di cittadini e alcuni professionisti hanno fatto emergere una visione differente e si è compreso che lo stadio può essere riqualificato, ad esempio trasformando il terzo anello in una galleria commerciale, portando San Siro agli standard che le società ricercano senza per forza demolire un simbolo, un monumento del calcio, di Milano e dell'Italia. Siamo favorevoli a insediare nuove funzioni sulle aree di parcheggio, quello che non ci piace è il "prendere o lasciare" delle società».

Stadio e politica

In generale, tuttavia, il centrodestra preferisce pensare a come non perdere l'investimento prospettato dai club. Fratelli d'Italia, recentemente, ha presentato l'idea di due stadi affiancati e funzionanti. Il Meazza, più capiente, sarebbe utilizzato per le partite più importanti e ciò diminuirebbe i suoi costi di manutenzione; inoltre si risparmierebbero i costi d’abbattimento (circa 50 milioni). Secondo Ignazio La Russa, senatore milanese di Fdi, quest'idea potrebbe essere alla fine accolta da tutto lo schieramento che candida a sindaco Luca Bernardo. Il quale, per ora, non si è espresso.

Sulla sponda opposta i contrari al nuovo impianto, più numerosi e in crescita, vedono nella ristrutturazione di Aceti e Magistretti l’uovo di Colombo per salvare lo stadio rendendolo comunque competitivo e all’altezza degli impianti europei. Contro Beppe Sala si candida a sindaco, più a sinistra, Gabriele Mariani. Verrà sostenuto anche da una lista civica di stampo ambientalista in grado di insidiare i Verdi con una serrata critica al sindaco uscente sul fronte della difesa del verde pubblico e della lotta alla cementificazione. Non è un caso che la capolista sia proprio Bruschi, fondatrice del Coordinamento San Siro.

Ma, anche nella coalizione di centrosinistra che sostiene Sala, il nuovo stadio è sempre più visto come fumo negli occhi. Oltre a due intere liste (Verdi e Milano Unita - Sinistra per Sala), tra i contrari si trovano alcuni consiglieri uscenti del Pd (tra cui una certa Milly Moratti, moglie di Massimo) e il presidente della commissione comunale antimafia David Gentili.

Gentili ha avuto il merito di portare al centro del dibattito il tema sulla reale proprietà dei club: il Milan (con il dedalo di scatole cinesi tra Lussemburgo, Delaware e Caraibi) e l’Inter, la cui proprietà di Suning cerca nuovi soci dopo che il governo di Pechino ha imposto restrizioni agli investimenti esteri delle aziende cinesi.

Grazie all'iniziativa di Gentili, il Comune di Milano ha chiesto a Milan e Inter documenti sui reali beneficiari delle quote. Le risposte sono arrivate ma ci si è portati troppo a ridosso delle elezioni perché l'attuale amministrazione avesse una legittimità politica a scegliere. Così il tema è stato rimandato alla prossima consiliatura.

La decisione dei milanesi

Lo stadio non sarà probabilmente il protagonista principale della campagna elettorale per la scelta del nuovo sindaco ma nemmeno resterà nell’ombra. I due club evitano di esprimersi (ed infatti hanno declinato un'intervista a Domani) mentre le voci contrarie all'abbattimento di San Siro si fanno ascoltare.

In una prima fase, lo stesso Sala aveva dichiarato di preferire la salvaguardia dell'impianto, specificando però di avere il dovere di ascoltare i club e le loro esigenze. Così la sua maggioranza ha fissato in una delibera sedici "paletti": salvare almeno in parte la struttura di San Siro, diminuire l'indice di edificabilità fino alla quota prevista nel piano regolatore e dedicare parte degli oneri di urbanizzazione al non vicinissimo ma estremamente problematico quartiere di case popolari. I club non hanno avuto difficoltà ad accettare queste condizioni e, da quel momento, Sala è parso più favorevole che contrario allo stadio nuovo.

Da una prospettiva diversa da quella del calcio, si è esposto per salvare il Meazza il promoter di concerti Claudio Trotta, patron di Barley Arts. «Lo stadio - ha detto in una recente conferenza stampa - non è solo cemento ma la storia e l'anima delle persone che lo hanno vissuto. E qui, di persone, ne sono passate tantissime: sette o otto milioni da Bob Marley in poi». Al di là dell'aumento del prezzo dei biglietti a causa della diminuzione di posti (e quelli premium non necessariamente lo sono per assistere a un concerto), il promoter è tra coloro che sottolineano il valore iconico dello stadio milanese, riconosciuto e ammirato in tutto il mondo. Un simbolo da salvare.

Il “grimaldello” per salvare il Meazza potrebbe arrivare dal nuovo regolamento sulla partecipazione, appena approvato. Con una correzione proposta dall’ecologista Enrico Fedrighini, che si ricandida nella lista civica di Sala, si prevede un’istruttoria pubblica per ogni intervento proposto in base a leggi statali sovraordinate al Pgt, come la cosiddetta Legge Stadi. In altre parole, se anche l’idea del nuovo stadio restasse in piedi, i cittadini dovranno essere ascoltati prima di dare il via libera.

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