L’Italia si trova a disporre di circa trecento miliardi di fondi europei (Pnrr e fondi vecchi e nuovi). 

Ci ricorda però la Commissione che siamo tra i primi a ricevere risorse ma tra gli ultimi come capacità di spendere (il ciclo 2014-20 vede una spesa erogata pari al 54 per cento su 65 miliardi).

La Ue ci segnala inoltre che il divario territoriale tra Nord e Sud è aumentato;  che c’è una forte frammentazione dei programmi; infine che questi risultati sono da mettere in relazione con la bassa ‘qualità delle istituzioni’ delle regioni, e soprattutto di quelle del Sud.

Nel frattempo, incombe la realizzazione del Pnrr, e il nuovo ciclo dei fondi 2021-27. Che cosa intende fare il governo di destra-centro?

Ha fatto bene il ministro Raffaele Fitto a fornire un quadro aggiornato e realistico.  

Le  misure prese con il decreto appena approvato non sembrano però adeguate a fronte dei rischi di perdere un’occasione straordinaria per il paese. 

La governance dei fondi europei è basata sulle regioni e comporta un forte forte decentramento sia nella fissazione degli obiettivi che nella loro realizzazione.

Vari tentativi sono stati fatti nello scorso decennio di accrescere le capacità di indirizzo, coordinamento e controllo a livello centrale.

Di questi faceva parte la creazione nel 2023 dell’Agenzia per la coesione territoriale, soppressa dal decreto, che poteva tra l’altro proporre il ricorso a strumenti di accelerazione della spesa basati su poteri sostitutivi (più o meno  gli stessi previsti adesso dal decreto per il Pnrr).

E’ vero che l’Agenzia non ha pienamente corrisposto alle attese. Ma non bisogna dimenticare che ha molto influito il timore di reazioni politiche delle regioni per il consenso  alle forze al governo.

 Il  problema della capacità di spesa, dopo la fase iniziale di impostazione,  si porrà ora anche per  il Pnrr.

Qui la governance scelta è però diversa: forte centralizzazione degli obiettivi e decentramento (specie verso i comuni) per l’attuazione. 

Il decreto approvato cerca di rafforzare coordinamento e controlli con la creazione di una “struttura di missione” presso la presidenza, e in tal modo si realizza anche un corposo ricambio della dirigenza secondo i canoni del discusso "spoils system”.

Ma temo che anche questa nuova struttura (alla quale sono attribuiti compiti molto simili a quelli dell’Agenzia soppressa) non sarà sufficiente.

Forse è il momento di scelte più radicali: centralizzare sia obiettivi che attuazione, coinvolgere i comuni, le regioni e le parti sociali nel fase di fissazione degli obiettivi e di verifica e affidare la realizzazione a una struttura centrale a elevata qualificazione, dotata dei poteri necessari e messa al riparo da ingerenze politiche nella fase di realizzazione degli obiettivi.

E’ molto difficile che la politica italiana accetti una soluzione di questo tipo, a destra come a sinistra, ma varrebbe la pena di parlarne.

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