La coperta politica del governo Draghi diventa sempre più tesa. I punti di attrito in cui rischia di strapparsi sono due. Uno riguarda le scelte che adotteranno nel prossimo futuro i Cinque stelle. Finora sono stati trattati come fastidiosi importuni nel governo. Del resto, in questi mesi i pentastellati non hanno fatto altro che dedicarsi ai loro problemi interni. Prima hanno affrontato il conflitto con Casaleggio junior per l’uso della piattaforma Rousseau, uno scontro che sembrava dover distruggere tutto e poi risolto senza colpo ferire; in seguito sono stati travolti dalla ridefinizione dell’assetto organizzativo e delle cariche interne arrivando sull’orlo della deflagrazione.

A causa di questi tormenti interiori, e della sua evanescenza politico-culturale, il M5s ha recitato fin qui la parte del comprimario o, nel migliore dei casi, del portatore di voti; un ruolo fondamentale, quest’ultimo, perché senza il sostegno del gruppo parlamentare pentastellato il governo Draghi non regge. Tuttavia, il loro peso nell’esecutivo non è minimamente paragonabile alla loro forza numerica. Vedremo se, con l’insediamento di Giuseppe Conte alla testa del M5s, qualcosa cambierà.

Probabilmente non subito, e anche la riforma Cartabia, pur con i suoi limiti e il suo strabismo pro reo – meglio salvare l’imputato da un lungo processo che assicurare giustizia all’offeso – alla fine passerà indenne. Ma nel medio periodo la voce del M5s si farà sentire più forte. Inoltre, l’entrata in gioco di Conte che gode di un ampio consenso popolare e di credito internazionale, non proprio come il buon Vito Crimi, rimodula le dinamiche politiche, proprio perché l’ex premier rappresenta una sorta di ospite inatteso degli assetti politici delineatisi nel febbraio scorso.

Se il M5s di Conte rappresenta un fattore di tensione in divenire, il secondo punto di frizione interno al governo – la convivenza tra Pd e Lega – è già vicino al punto di rottura. Una volta approvate le linee guida del Pnrr, non si capisce su quale base e per quali obiettivi comuni questi due partiti stiano assieme nella stessa coalizione. Come possono coesistere un partito forcaiolo e pistolero e uno schierato a favore dei diritti civili, uno che si oppone ai vaccini e al green pass straparlando di libertà personali da salvaguardare e uno che punta a tutelare la salute di tutta la collettività, uno che chiede libertà di licenziamento e uno che difende i lavoratori.

Ora che sono stati avviati a soluzione i problemi più impellenti, e la tensione dell’emergenza cala, riemergono posizioni diverse e inconciliabili all’interno della maggioranza. Le capacità di mediazione – e di direzione – di Draghi sono fuori discussione. Ma non può impedire il ritorno alla fisiologia della politica che, in democrazia, prevede il conflitto (regolato). Per questo sarà necessario ridare voce, in tempi rapidi, al popolo sovrano. Per riportare la democrazia sui suoi binari. E alla sua fisiologia, perché le situazioni di eccezione con il virtuale unanimismo e l’ampia delega alla tecnocrazia costituiscono la patologia dei sistemi democratici.

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