Tramonta il mito dell’università americana: le contraddizioni svelate dalla lotta per il loro controllo

L’attacco di Donald Trump alle università americane e in particolare a Harvard ha messo in subbuglio gli Stati Uniti. Si tratta di una lotta tra opposte visioni dell’identità americana e tocca importanti interessi economici, legati alla ricerca e alla filantropia. Le università americane sono considerate dei templi del sapere: sono private, elitarie e costose. Sono anche delle macchine da soldi. Trump e i Maga vogliono sostituire il pluralismo culturale con una nuova ortodossia identitaria annientando la produzione del pensiero critico. È l’ultima fase della culture war che attanaglia gli Stati Uniti da anni: una competizione per riplasmare l’egemonia culturale americana nella quale ci si divide tra una visione liberal, progressista e woke e una visione nazional-conservatrice e moralista. Colpire Harvard è un atto politico che traduce in pratica il disegno ideologico Maga: puntare a interrompere il flusso globale delle idee, eliminando ogni diversità culturale e religiosa dai campus e tornando a un’identità nazionale fondata sui “valori americani”. Polarizzazione americana: il nemico è l’intellettuale Diritti e concessioni Il blocco alla fonte (niente visti agli studenti stranieri), la pressione contro i programmi di diversità e inclusione e la minaccia di tagli dei finanziamenti federali, sono tutte espressioni coerenti di tale disegno che ridefinisce l’agenda politica della destra americana. Viene posta particolare enfasi sul ritorno ai valori “cristiani”, sulla difesa della famiglia tradizionale, sul nazionalismo culturale, sulla lotta all’antisemitismo e sull’opposizione al multiculturalismo e al globalismo. In tale schema l’autonomia accademica non rappresenta un diritto ma al massimo una concessione condizionata alla conformità ideologica. Per la destra Usa l’attuale università americana rappresenta (salvo eccezioni, come gli atenei neo-evangelicali) tutto ciò che si oppone al progetto nazional-conservatore. Com’è noto i Maga promuovono un’educazione “orientata ai valori” e l’home schooling. Ovviamente non si riuscirà a tornare al passato ma Trump confida nel potere di intimidazione che le misure repressive avranno e cioè sull’autocensura di dirigenti universitari e professori, come nel caso di Columbia che ha capitolato subito. L’iniziale resistenza di Harvard sta cedendo: senza finanziamenti e soprattutto senza visti di entrata non c’è niente da fare. Così gli studenti stranieri non potranno più iscriversi all’Ivy League. Va chiarito subito che Trump e i suoi non si inventano niente: dalla critical race theory in poi gli effetti di settarismo, intolleranza e faziosità dei progressisti radical americani avevano già fatto molti danni, con effetti paradossali sulla libertà di insegnamento. Era divenuto già molto difficile insegnare qualcosa in controtendenza con tali forme estremizzate di politicamente corretto. La destra cerca di arginare il fenomeno come cercò di frenarlo negli anni Sessanta quando le università americane furono spazzate dal vento della contestazione (che noi in Europa chiamiamo ‘68). Anche in quel caso furono usate le maniere forti ma senza risultati. Il maccartismo anti-Harvard di Trump è un attacco alle nostre libertà (e al futuro) I possibili insegnamenti Resta da dire cosa tutto questo insegna a noi europei. Il modello anglosassone dell’università come una fabbrica di soldi con professori costretti a fare i fundraisers non è il nostro (umanista e pubblico) e l’attacco a Harvard può anche sottilmente convenire. Non hanno mai incantato questi giganti trasformati in slot machines privatizzate che come idrovore assorbono ciò che di meglio c’è altrove (studenti e soprattutto docenti) in cambio di soldi. Un modello che da sempre sfrutta e “compra”, desertificando il resto del mondo. Chi nell’università italiana pensava di imitarlo asservendosi a un sistema privatistico, è smentito dai fatti. L’accademia italiana deve restare un luogo pubblico e autonomo di libertà di insegnamento, opponendosi a sistemi basati su soldi e/o ideologie. Sembra più saggio non imitare un modello così controverso, smettere di scimmiottarlo ma tenerci stretto il nostro, finanziandolo meglio.