- Il Pd si è caricato il peso di misure di austerità, di riforme impopolari, della tenuta della barra atlantica nelle crisi, della pandemia del governo Draghi.
- In cambio i suoi elettori hanno avuto pochino, se non in quanto cittadini italiani, mentre i vertici del partito e la sua galassia di tecnici di riferimento ha presidiato in gangli del potere.
- Il Pd deve ancora annunciare tutte le candidature e il programma, è al bivio tra presentarsi agli elettori come forza tecnocratica e impolitica, oppure ricordarsi che la scelta di tenere nel nome la parola “partito” indica di rappresentare una parte contro il “tutto” che i populisti si arrogano la pretesa di incarnare. Quale parte?
Per una volta tocca dare ragione a Ernesto Galli della Loggia, quando, sul Corriere della Sera, scrive che il Pd è diventato il partito dell’establishment, o meglio, delle istituzioni. Governa, per senso di responsabilità, dicono i suoi vertici, dal 2011: si è caricato il peso di misure di austerità, di riforme impopolari, della tenuta della barra atlantica nelle crisi, della pandemia del governo Draghi. In cambio i suoi elettori hanno avuto pochino, se non in quanto cittadini italiani, mentr



