Il sindacalista dei braccianti Aboubakar Soumahoro ma anche Carlo Cottarelli, l’uomo dei tagli e della spending review del governo di Enrico Letta. L’ex campo largo del centrosinistra si è parecchio ristretto, ma non si fa mancare nulla quanto a nomi che in condizioni non di emergenza riuscirebbero a stare non solo in una stessa lista, ma forse anche nello stesso schieramento politico.

Il Pd ufficializzerà le sue liste nella direzione nazionale di domenica 14 agosto. Intanto ha lasciato circolare alcune delle sue special guest: la vicepresidente della regione Emilia Romagna Elly Schlein, l’ex segretaria generale della Cgil Susanna Camusso ma anche quella della Cisl Anna Maria Furlan. E fin qui niente di troppo strano, anche se i rapporti fra i due sindacati e fra gli attuali segretari non siano proprio idilliaci.

Mercoledì il segretario Enrico Letta, in conferenza stampa con Più Europa, ha presentato la corsa di Carlo Cottarelli, «il Carlo giusto», dice il deputato Riccardo Magi e l’allusione è a Calenda, evidentemente ormai diventato il Carlo sbagliato, «l’uomo del nord». Cottarelli, ricorda Magi, era il candidato del cuore dell’ex ministro del Mise per la futura corsa alla regione Lombardia. Lo aveva definito «il nome perfetto per tenere insieme un campo progressista e riformista».

Mister forbici

Quel campo non c’è più, e Cottarelli scende in un altro campo. Non è proprio un nome potabilissimo la sinistra rossoverde, che però si guarda bene dal fare polemiche, dopo la rottura dell’alleanza con Carlo Calenda.

Ci pensa invece il segretario di Rifondazione comunista Maurizio Acerbo, che ricorda il soprannome dell’economista del Fondo monetario internazionale, «mister forbici», che è stato «sostenitore della legge Fornero e del Jobs act, dei vincoli di bilancio e dei tagli della spesa pubblica», «uno che ha proposto persino l’aumento dei biglietti del trasporto pubblico locale», che «ha curato un libro con l’ultraliberista Alessandro De Nicola, I dieci comandamenti dell'economia italiana, in cui tra le tante perle si propone la sostanziale liquidazione del servizio sanitario italiano».

Nel 2018 Cottarelli è stato anche il presidente del Consiglio indicato da Sergio Mattarella e poi bocciato dall’allora capo politico dei Cinque stelle Luigi Di Maio, che nel frattempo peraltro aveva chiesto l’impeachment dello stesso presidente della Repubblica, colpevole di aver bocciato la proposta di Paolo Savona a ministro dell’Economia da parte dell’incaricato premier Giuseppe Conte.

Il sindacalista dei braccianti

Dall’altro lato della coalizione invece, in una conferenza stampa precedente di pochi minuti, l’ambientalista Angelo Bonelli si commuove nell’annunciare la candidatura del sindacalista Aboubakar Soumahoro. Laureato in sociologia a Napoli, italiano di origine ivoriana, ex attivista del radicalissimo sindacato Usb, ospite fisso della trasmissione Propaganda live (La7) e fondatore della Lega dei braccianti, lo scorso 5 luglio Aboubakar è stato ricevuto a palazzo Chigi nel corso di uno sciopero della fame e della sete con cui chiedere un piano di tutela contro gli infortuni dei braccianti, quasi tutti stranieri.

Quel giorno il presidente Mario Draghi era in missione ad Ankara. Ad accompagnarlo è stato il suo amico Peppe Provenzano, ex ministro del Sud e ora vicesegretario del Pd; ad accoglierlo è stato il suo capo di gabinetto Antonio Funiciello. L’incontro doveva essere la prima tappa di un confronto con il presidente del Consiglio, ma nel frattempo è caduto il governo e non se n’è fatto più niente, almeno per ora.

Nel nome di Stefano

Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni hanno annunciato anche la candidatura di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano, il ragazzo morto di botte nel 2009 mentre era in custodia cautelare. La donna è stata la protagonista della battaglia per la verità sul decesso di suo più di fratello, una battaglia lunga oltre dieci anni, che nell’aprile di quest’anno ha portato alla condanna in via definitiva di due carabinmercoledì. Non è la prima volta per Ilaria Cucchi. Nel 2013 ha accettato la candidatura alla Camera nella lista Rivoluzione civile guidata dal magistrato Antonio Ingroia, lista che però non raggiunse la soglia allora valida per eleggere, quella del quattro per cento. Stavolta basterà il tre per cento.

Moglie a chi

Sui social, lato destro ma non solo, si scatenano le ironie ma anche gli attacchi sulla possibile candidatura di due donne, incidentalmente mogli di politici ugualmente in corsa. Non è il caso di citare i tempi di Palmiro Togliatti e Nilde Iotti, e di Luigi Longo e Teresa Noce, ma quanto a misoginia in Italia il passato non passa mai.

È il caso di Michela Di Biase e di Elisabetta Piccolotti. La prima correrà per il Pd, se la direzione di domenica darà l’ok, ed è sposata con il ministro Dario Franceschini, ex Dc e leader di lungo corso della corrente Areadem. Di Biase, classe 1980, è ben conosciuta nella capitale: ha iniziato a fare attivismo nella periferia romana da giovanissima e tosta, ben prima che il suo nome fosse associato al blasonato (politicamente parlando) marito.

Abituata da anni a non rispondere a questo genere di attacchi, mercoledì invece è sbottata: «Sì, sono la moglie di un uomo che come me fa politica, ci siamo conosciuti grazie alla militanza», «Non lo conoscevo ancora quando per la prima volta mi sono candidata nel mio municipio, a 26 anni, unendo all’impegno politico, l’università e il lavoro. Sono stata consigliera municipale per due mandati, prima degli eletti e sono stata la prima capogruppo donna dei miei quartmercoledì: Alessandrino, Centocelle, Tor Sapienza, Quarticciolo, La Rustica. Sono stata poi eletta in consiglio comunale a Roma».

Elisabetta Piccolotti, segretaria regionale di Sinistra italiana dell’Umbria ma anche moglie di Nicola Fratoianni, potrebbe correre per il suo partito. Anche lei è una militante da prima di innamorarsi del papà di suo figlio, Adriano. Anche lei finisce nella bufera social. Ricorda i suoi «24 anni di impegno e passione politica, tutti fuori dal parlamento e a prescindere dal mio matrimonio».

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