- Mario Draghi era stato chiamato a presiedere un governo di (quasi) unità nazionale con due obiettivi: gestire la campagna vaccinale e avviare il Pnrr.
- Una coalizione che spazia su tutto l’arco politico comprendendo partiti ideologicamente inconciliabili, più l’incognita delle fluttuazioni pentastellate, non poteva reggere alla normalità della politica, che è fatta di conflitti ed, eventualmente, mediazioni. Alla fine anche Draghi si è trovato stretto tra l’illusione tecnocratica della scelta ottimale per tutti e la realtà delle domande e delle visioni contrastanti.
- Sarebbe un curioso precedente un presidente del Consiglio che rassegna le dimissioni dopo aver ottenuto i voti della maggioranza assoluta di entrambe le camere.
Mario Draghi era stato chiamato a presiedere un governo di (quasi) unità nazionale con due obiettivi: gestire la campagna vaccinale (sui cui inciampi questo giornale ha acceso un faro impietoso) e avviare il Pnrr. A fine anno il presidente del Consiglio dichiarava conclusa la sua missione e si poneva, con un pizzico di civetteria, come un «nonno a servizio delle istituzioni». Con il ché, era evidente a tutti che aspirava al Quirinale. Una collocazione che Domani ha insistentemente sostenuto com



