Ho ricevuto la telefonata dell’avvocato che aspettavo da settimane una mattina afosa dello scorso luglio. Ero a Roma, nella redazione di Bloomberg, in attesa che il presidente del consiglio Mario Draghi iniziasse a parlare in Senato, forse per l’ultima volta.

L’avvocato telefonava per dirmi che dopo quasi un anno di pratiche burocratiche, appuntamenti incrociati, notifiche e scartoffie era fatta: con una sentenza di adozione io e mia moglie eravamo entrambe riconosciute come genitori legali di nostro figlio di tre anni.

Poche ore dopo, con delle dimissioni spettacolari, finiva il governo di Draghi, considerato il più autorevole tra i quasi settanta che l’Italia ha avuto sin da quando è una Repubblica.

Solo per caso questi due episodi sono avvenuti nello stesso giorno, ma entrambi contribuiscono a spiegare perché in Italia la tutela dei diritti civili sia spesso disarticolata, funzioni a macchia di leopardo, e sia più tema di dichiarazioni e slogan che espressione di una chiara visione politica.
L’instabilità dei governi caratteristica del nostro paese contribuisce alla fatica che fa il parlamento ad approvare leggi su temi che non sono né di destra né di sinistra, ma riflettono l’evoluzione della società, e quindi dividono anche all’interno di uno stesso partito.

La conseguenza? Le decisioni relative ai singoli casi – come quello della mia famiglia, che è una tra migliaia – finisce per ricadere sul sistema giudiziario, lo ingolfa con costi di notifiche e scartoffie, moltiplicati per i tre gradi della giustizia.

Costi che non sarebbero sostenuti dallo stato, se fosse in vigore una legge sulla questione.
È il caso delle famiglie omogenitoriali, ma anche degli abusi edilizi, delle multe stradali e di molte questioni aperte che riguardano la vita dei cittadini, dall’identità di genere alla vita dei detenuti in carcere.
Quel giorno afoso di fine luglio è caduto il governo Draghi e la mia famiglia ha ottenuto la bollinatura dello stato per via giudiziaria.

La sentenza di adozione è stata la conclusione di un percorso iniziato con la registrazione di un atto di nascita che indicava due persone dello stesso sesso (me e mia moglie) come genitori.

È lo stesso documento diventato tema di dibattito politico nelle scorse settimane, dopo la decisione del sindaco di Milano, Beppe Sala, di interrompere la registrazione di questo tipo di atti. In mancanza di una legge che permetta o vieti la firma degli atti di nascita di figli di coppie omogenitoriali, la decisione è lasciata all’ufficiale di stato competente, cioè il sindaco.
Nel nostro caso, come in centinaia di altri, l’atto originale è stato impugnato dalla procura competente, che ha contestato la sua validità proprio in mancanza di una legge che validasse il contesto giuridico in cui l’atto si inseriva.

Un tribunale, pagato dallo stato per prendere una decisione in merito, ha dato ragione alla procura, e la mia famiglia ha iniziato il percorso di adozione previsto in questi casi. La sentenza, positiva, è arrivata proprio il 20 luglio.

Diritti e risparmi

La questione di come inquadrare legalmente i bambini che hanno due genitori dello stesso sesso, e che non sono tutelati da una legge ordinaria approvata dal parlamento, è diventata un fronte di scontro politico facile, immediato, quasi scontato tra il governo guidato da Giorgia Meloni, quello più a destra degli ultimi decenni, e la molto divisa opposizione al governo che trova nei diritti delle famiglie omosessuali un punto di convergenza pratico.

Anche se la praticità di questo scontro politico è immediata, lo è meno immaginare una legge su questo tema se al governo ci fosse una coalizione di sinistra – del resto, governi di sinistra sono stati al potere, ma una legge su questo tema non l’hanno fatta.

Questo proprio perché le leggi che riguardano i diritti civili riflettono sensibilità personali e calcoli politici più che una visione, approvarle non è facile per nessun governo, sia esso espressione di un partito forte o di una coalizione precaria.

Ma approvarle è prioritario per lo stato, e non solo per tutelare i cittadini direttamente interessati, ma anche per alleggerire il sistema paese da costi e procedure ridondanti e superate sia dalla tecnologia – oltre alla chiamata dell’avvocato, per esempio, ogni sentenza di adozione deve essere notificata anche a mano da un funzionario pubblico, che per farlo consuma benzina pagata dallo stato... – sia dalla società.


Chiara Albanese è corrispondente politica e vice-responsabile della redazione politica di Bloomberg News a Roma. Ha scritto That’s Politica!, pubblicato da Vallardi il 21 marzo.

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