Alla stampa estera, dove è stato invitato con comprensibile interesse dopo le sue frasi su Ustica, Giuliano Amato non ha aggiunto nulla rispetto alla sua frase sulle responsabilità francesi per la tragedia di Ustica. Ha evocato la scomparsa di testimoni che cercavano una luce in un buio durato troppo tempo, da ultimo il suo amico e giornalista Andrea Purgatori, il primo che mise in dubbio la pista comoda del «cedimento strutturale» dell’aereo.

Ha pensato che toccava a lui, prima che sia troppo tardi, gettare un sasso nello stagno e riaprire, in modo oggettivamente clamoroso vista la sua statura e il suo curriculum, la ricerca della verità, avvalorando una pista peraltro già nota. Ha smentito di aver invitato Emmanuel Macron a chiedere scusa all’Italia, come da titolo dell’ormai famosa intervista a Repubblica ma di essersi rivolto al presidente francese «come un amico».

Anche in assenza di prove, le parole di Giuliano Amato non possono essere liquidate come le esternazioni di un semplice cittadino visti gli incarichi di responsabilità che ha ricoperto nel corso della sua lunga carriera pubblica. E tuttavia avrebbero avuto più forza se le avesse vestite, in assenza come ha ammesso di novità clamorose, raccontando con più dovizia di dettagli da cosa deriva la sua convinzione che sia stato «un missile francese».

Amato ha fornito una spiegazione intima e personale del perché si è risolto solo ora, a enorme distanza dai fatti, a prendere una posizione netta e inequivocabile. Ha scritto su Repubblica del suo «bisogno di verità che a una certa età diventa più urgente, con il tempo davanti che si accorcia ogni giorno». Come fosse una comprensibile esigenza testamentale su un doloroso mistero italiano.

Ma è uomo troppo accorto e troppo navigato per non sapere che gli sarebbero state chieste pezze d’appoggio a sostegno vista la rissa furibonda che ancora si accende tra i fautori della tesi della bomba a bordo del Dc9 Itavia precipitato con 81 persone a bordo e coloro che invece sono convinti della battaglia aerea e dunque del missile. Avendo questi ultimi molti più indizi da poter produrre.

Le rivelazioni di Cossiga

È meno comprensibile il fatto che non si fosse accodato nel 2008 alle rivelazioni simili dell’ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga che pure lo aveva citato come detentore della stessa verità: avrebbe rafforzato e spinto con ancora più veemenza le indagini nella direzione che porta a Parigi.

È ben vero che fu lui a finanziare la campagna di ricerche del relitto del velivolo nel fondo del mare e che è stato un forte supporto per Daria Bonfietti e i familiari delle vittime. Però ora, proprio perché è ancora più fitto il fumo del tempo, sarebbe servito un atto di coraggio più marcato.  Persino un j’accuse con cui sistematizzare tutti gli elementi della pista che, messi insieme, hanno contribuito a formare la sua convinzione.

All’Eliseo c’è un presidente, Emmanuel Macron, che aveva due anni e mezzo all’epoca dei fatti ma è velleitario supporre che la sua innocenza anagrafica sia sufficiente a scardinare  il muro di gomma transalpino, costruito da apparati di uno stato fortemente centralizzato e che hanno una tradizione di riservatezza (eufemismo) tramandata di generazione in generazione.

A dispetto di un anodino comunicato del Quai d’Orsay, il ministero della Difesa, i servizi segreti francesi non hanno mai fornito spiegazioni convincenti non solo per Ustica ma nemmeno per il caso Mattei per il quale pure ci sono sospetti circa la loro longa manus.

E dunque sarebbe utile che Amato snocciolasse una serie di domande specifiche. Probabilmente non avrebbero sortito comunque nessun effetto, ma sarebbero servite, se ancora è necessario, a sottolineare l’omertà di Parigi, a denudare alcune pietose bugie già propalate in passato alla nostra autorità inquirente. Ad esempio chiedendo: perché ci avete detto che la base militare di Solenzara in Corsica era chiusa nel giorno dell’attentato quando è provato che ci fosse un viavai di aerei caccia?

E c’era o no nel Tirreno una portaerei, la Foch o la Clemenceau? Potete fornire le loro coordinate esatte in quei frangenti fatali per 81 civili italiani? E quali carte ci sono nei vostri archivi, se ce ne sono, se non le avete “perse” come è successo ai vostri colleghi italiani? A questi e altri interrogativi Amato ne potrebbe aggiungere altri visto l’osservatorio privilegiato di cui ha goduto e le carte che ha potuto visionare.

«Ho voluto lanciare una sfida per arrivare alla verità su Ustica», ha detto l’ex presidente del Consiglio. Verrebbe da replicare: vuole dare un ulteriore aiuto anche lei, dottor Amato?

 

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