Von der Leyen va sfiduciata, per il bene dell’Europa

È difficile entusiasmarsi per l’accordo tra alcuni paesi europei infelicemente denominato “volenterosi” senza ricordare che prese lo stesso nome la coalizione occidentale che, al di fuori di ogni legittimità internazionale, attaccò l’Iraq nel 2003. La prima ragione di sconcerto riguarda l’assenza di una strategia per i neo-volenterosi: entrare in Ucraina con i propri eserciti a difesa dell’Ucraina se la Russia dilaga verso Kiev? Fornire il nucleo centrale di un forza di interposizione una volta siglata una qualche tregua? Fornire truppe di peacekeeping sotto egida Onu che vada ovviamente oltre la partecipazione europea? Essere la forza di complemento a un (improbabile) impegno americano? Truppe straniere per l’Ucraina, l’Ue: «Abbiamo la road map» In realtà il tema degli scarponi sul terreno, cioè della presenza di militari sul suolo ucraino, è fuori questione come ha detto in maniera molto esplicita, e spiccia, il cancelliere tedesco, Friedrich Merz. Su questo è confortato dalle opinioni della grande maggioranza dei suoi concittadini. Solo chi ignora la cultura politica tedesca sull’uso della forza può pensare che l’opinione pubblica sia favorevole a vedere di nuovo le sue truppe impegnate in un possibile combattimento sul teatro europeo. C’è un passato che non passa, nemmeno nelle terze o quarte generazioni postbelliche sulle rive del Reno. L’idea del “mai più” in tema militare (guerra e truppe fuori dei confini) è parte integrante della nuova identità tedesca, vista invece come una forza di pace attraente i commerci. La seconda ragione di perplessità va oltre la questione politico-militare, e investe piuttosto la leadership europea. Qui il discorso si allarga perché non riguarda solo la gestione della politica di sicurezza e difesa dell’Ue, né solo lo scarso rilievo dell’alta rappresentante Ue Kaja Kallas. Sono le azioni della presidente von der Leyen che sollevano molti interrogativi sulla sua adeguatezza nel contesto attuale. Deterrenza, sanzioni, congelamenti di beni: così l’Ue deve fermare Putin Non solo per la sua non-competenza istituzionale in tema di difesa e politica estera (e non ci soffermiamo su quella sostanziale), quanto perché ha perso ogni credibilità nella trattativa sui dazi americani. Per riprendere una famosa espressione della politica italiana d’un tempo, abbiamo assistito in questi mesi ad una «cupidigia di servilismo» nei confronti di quello che è stato il nostro grande alleato di oltreoceano. La Canossa scozzese della presidente della Commissione non ha bisogno di commenti: una imbarazzante genuflessione di fronte al potente dai capelli arancione. E non è che un inizio perché, avendo capito quanto l’Ue sia remissiva, Trump affonderà altri colpi alla nostra economia chiedendo ulteriori benefit per il suo paese. Di fronte ad una tale catastrofe le soluzioni devono essere drastiche. I libri bianchi non sono più sufficienti. È necessario un cambio di leadership: von der Leyen deve essere sfiduciata e sostituita da una personalità di ben altro spessore, come Mario Draghi. L’ex governatore della Bce è l’unico con l’autorevolezza e la competenza per rilanciare l’Europa. En passant, si tratta anche di rimediare all’errore compiuto nel 2021, quando fu chiamato a un ruolo non suo, a Palazzo Chigi, dove non ha lasciato un ricordo memorabile. Invece, sul piano internazionale Draghi è l’uomo del «whatever it takes» a difesa dell’euro: una semplice espressione che ha gelato la speculazione finanziaria sulla moneta dell’Unione. Ucraina, la trappola della sicurezza: per le garanzie servirebbero dei garanti E nell’arena internazionale se lo ricordano tutti. Può apparire fantapolitica ma se socialisti e liberali europei hanno una chance di riprendere in mano il destino del continente, e delle loro nazioni, questo è il momento. È anche l’occasione per arrestare l’assalto dei nazionalisti-sovranisti dell’estrema destra ai quali questa Commissione non fa altro che cedere, legittimandoli al punto da facilitare la loro scalata al governo delle rispettive nazioni. Per evitare una Europa bruna o nera bisogna muoversi dal suo centro politico. E insediare chi può guidarla credibilmente verso un futuro migliore, democratico, assertivo e pacifico. Le leadership contano.