L’immateriale affascina gli artisti, basti pensare a Gino De Dominicis, Sol LeWitt o a Yves Klein che tra il 1959 e il 1962 vendeva le nove «zone de sensibilité picturale immatérielle», l’invisibilità e l’immaterialità di uno spazio vuoto concettuale in cambio di oro tramite una ricevuta che l’acquirente poteva scegliere se conservare, rivendere o bruciare.

Se da un lato molti articoli riguardo NFTs, Metaverso, Cryptoart spesso hanno un sapore ancora acerbo e a volte aspro, dall’altro apprendiamo che il colosso Microsoft ha sospeso il suo progetto “Metaverse” . Quindi non solo noi, normali cittadini che hanno il desiderio di vivere il progresso culturale e scientifico al passo coi tempi, andiamo incontro alla difficoltà di vivere appieno i velocissimi cambiamenti del web 3.0., anche un colosso tecnologico come Microsoft ha le sue difficoltà a “leggere il futuro” e organizzarsi di conseguenza.

Stiamo andando incontro a qualcosa che ha a che fare con una rivoluzione, con l’esigenza dell’essere umano a tendere verso ciò che non conosce mettendo in crisi quello che fino ad oggi ci ha permesso di arredare la nostra comfort zone. Durante la pandemia non potevo andare a lavorare nel mio studio e così mi sono tuffato nel mondo immateriale fatto di NFTs e Crypto coin. Non sono un nativo digitale, ma quasi, e probabilmente quel quasi mi ha attivato un principio di curiosità, anche legato a mie ricerche precedenti. Nel momento in cui leggevo di NFTs, blockchain, e di metaverso mi è venuto un pensiero, un pensiero naturale, forse perchè la mia ricerca è sul tempo, sul tempo interno (il tempo misurabile in questo caso mi interessa poco) e sullo spazio come dimensione necessaria, ma non sufficiente: cosa c’entra il tempo e lo spazio con gli NFTs?

La vita umana comincia con la formazione del pensiero alla nascita simultaneamente con quello che gli scienziati chiamano tempo interno, un pensiero per immagini che nasce dal corpo: quando la luce, realtà immateriale senza massa, colpisce la retina, il biologico umano, si attiva una reazione che porta alla formazione del pensiero inconscio. Allora è “l’immateriale concreto” quello a cui per nostra natura tendiamo. Sperimentare e dedicarsi agli NFTs per un artista oggi è come cercare un livello di profondità sull’immagine davvero poco rassicurante, sconosciuto e tendente all’assoluta diversità: il valore primo della ricerca di ogni artista, il movimento che tende all’infinito come il movimento del tempo interno che ha permesso all’artista l’ideazione innovativa nel suo processo creativo.

Lo spazio lo posso toccare, il tempo lo posso vivere, nello spazio sicuramente mi posso spostare, ma nel tempo mi posso muovere anche se fisicamente rimango fermo, un po’ come ci succede quando dormiamo e le immagini prendono vita nei nostri sogni. Grand artisti e grandi artiste hanno segnato l’evoluzione culturale portando innovazione, concettuale e non, usando la materialità del marmo, dei pigmenti o di altri materiali per parlare di qualcosa che sentivano nel corpo ma che non si poteva tangere coi cinque sensi fisici, un’idea comunicabile che parla di cose immateriali.

Questione relativa

Artemisia Gentileschi, Bosch o Caravaggio probabilmente oggi oltre al lapis e a una buona carta userebbero un computer e strumentazione tecnologica, per esempio l’IA e creerebbero NFTs oppure meglio, creerebbero anche NFTs, definendosi “phigital artist”. Il punto dunque, non è se un NFT sia o meno opera d’arte in termini assoluti, ma se lo è in termini relativi, rispetto al singolo soggetto che lo ha creato e a quello che riesce ad esprimere. Nell’immaterialità di un’opera d’arte digitale, si può ritrovare quella mano che mossa dal pensiero dell’artista suscita nello spettatore una reazione. Scrivendo senza pensare troppo, noto che ho usato la parola spettatore, di solito questo termine si usa per chi assiste ad un concerto o per chi va al cinema, ma non per chi va ad una mostra d’arte, troppo spesso riservata agli “art lovers” o ai soliti addetti ai lavori.

Le creazioni digitali e gli eventuali NFTs “mintati” su blockchain danno invece la possibilità di parlare di arte contemporanea rivolgendosi a chiunque e ancora, rendono vere/esistenti le Crypto coin perchè associate ad un Asset finanziario da sempre riconosciuto come bene. Forse sono stati questi i due fenomeni che tanto hanno scandalizzato il mondo dell’arte nel 2021 riguardo gli NFTs. La rivoluzione è in atto e noi, sopratutto chi si occupa di arte contemporanea, non può non conoscere il fenomeno che già da qualche anno è presente nella nostra quotidianità. L’acronimo NFTs non necessariamente è sinonimo di opera d’arte e comunque oggi ancora non è possibile dare una risposta categorizzante se un NFT sia arte oppure no.

Gli NFTs certamente non sono solo opere d’arte, possono esserlo oppure no, anche la semplice foto per esempio, di un mobile, se processata e resa infungibile diventa NFT, ma certamente non diventa opera d’arte, diventa semplicemente un oggetto collezionabile poiché unico. Se questo oggetto immateriale sia opera d’arte non è per la sua immaterialità, ma per l’immagine che esprime, per la storia e la ricerca dell’artista.

L’acronimo NFTs sicuramente è quello che ne deriva dopo aver “uploadato” un oggetto su un ecosistema decentralizzato necessario per la sua tokenizzazione basata su blockchain che ne riconosce l’esistenza, la tracciabilità dei vari passaggi di proprietà, nonché le royalties per l’autore.

Quindi la crypto arte è tale proprio perché l’opera d’arte immateriale viene associata ad un codice, ad una stringa identificativa che ne attribuisce certificazione di proprietà digitale registrata su tecnologia blockchain tramite uno smart contract. Per onor di cronaca può essere utile sapere che già nel 1997 Nick Szabo pubblicò un articolo: “Formalizing and Securing Relationships on Public Networks” dove definì cosa fossero gli Smart contract, però mancava ancora la tecnologia applicativa, ora c’è.

Anche Milano c’è, nel 2026 è prevista l’apertura del Mad, Museo Nazionale dell’Arte Digitale, diretto dalla storica dell’arte e curatrice Ilaria Bonacossa negli spazi dell’ex Albergo Diurno Venezia di piazza Oberdan, gioiello Art Dèco in disuso. Nel frattempo possiamo navigare nel sito e seguire le iniziative del MoCDA, Museo d’Arte Contemporanea Digitale diretto e co-fondato da Serena Tabacchi, Digital Entreprneur, curatrice e scrittrice, dopo aver lavorato presso la TATE Modern e Britain di Londra.


Questo articolo è il quarto di una serie di interventi su Nft e Criptoarte

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