Chiedi chi era Rino. Il poeta Roberto Roversi in Chiedi chi erano i Beatles, cantata dagli Stadio e da Morandi, scrive «Chiedilo ad una ragazza di 15 anni di età/ Chiedi chi erano i Beatles e lei ti risponderà […] I Beatles non li conosco, neanche il mondo conosco/ Sì, sì conosco Hiroshima ma del resto ne so poco, Ha detto mio padre l'Europa bruciava nel fuoco/ Dobbiamo ancora imparare, noi siamo nati ieri». Ma noi che Rino Gaetano l’abbiamo girato nei giradischi e gridato, noi che l’abbiamo ascoltato e aspettato, bruciato e poi scordato. Noi dobbiamo insegnare con tutte le cose non solo a parole – ai ragazzi che oggi hanno 15 anni – chi era mai questo Rino Gaetano.

Quarant’anni fa, il 2 giugno 1981, Rino Gaetano si schianta «in direzione ostinata e contraria», per dirlo con le parole di De André, a un incrocio sulla Nomentana. Gli occhi della musica d’autore si riempiono di sale e nel suo sud rimasto orfano dell’ultimo rivoluzionario meridionale non smette ancora di piovere. Ha soli trent’anni Rino, ha imbracciato la chitarra e ha combattuto da solo contro tutti, forse anche contro sé stesso. Che dolce e spietato atto d’anarchia morire il giorno della festa della Repubblica.

Cosa rimane oggi della sua poetica? I testi delle sue canzoni rivelano una potente visione pasoliniana della vita a cui si aggiungono un’ispirata musica popolare e una cifra anarchica letteraria. Sì, perché Rino Gaetano ha cantato per i calpestati, i disperati, i diversi e gli ultimi. Ha manifestato, contestato, sbeffeggiato. Tutto è già stato scritto da Rino che come il cappellaio matto ha tirato fuori dal suo amato cilindro nero non conigli addomesticabili ma lepri ribelli.

Personaggi vivi

Molti giovanissimi oggi consumano il rito sacro di far suonare i vecchi vinili dei padri sui giradischi. Un abbraccio generazionale, un modo di parlarsi per scoprire che non si è poi così diversi nelle battaglie per la libertà. Poi ti capita di trovare un 33 giri di Rino Gaetano. Ti commuovi nell’ascoltare la sua voce rotta e ritrovi quella forza e quel coraggio necessari a riconquistare una dignità perduta, soprattutto se sei nato a sud. In quest’atto quasi sacro, fra fruscii di puntina e rumori atmosferici di polvere, vento e tempo, accade che i personaggi delle canzoni di Rino prendano vita e il cantautore di Crotone torni a parlarci con il suo stile naif e visionario fra poesia e critica civile.

Escluso il cane diventa la storia di un clochard che vive nell’indifferenza della gente. Berta filava un’operaia dell’ex-Ilva, ragazza-madre con un bambino malato per le polveri sottili e che combatte per i diritti dei lavoratori e la salute di tutti i figli di Taranto. Mio fratello è figlio unico la storia di un trans deriso che rivendica con dignità la libertà di essere sé stesso e la Legge Zan, Metà Africa e metà Europa l’odissea di un migrante che attraversa il Mediterraneo e che muore in mare nell’indifferenza del vecchio continente. E ancora in Ad esempio a me piace il sud Rino abbandona la nostalgia di un mondo contadino bucolico e abbraccia, fra le righe, la battaglia civile di Nicola Gratteri o di Nino Di Matteo ma anche di Mimmo Lucano per quell’atteso oramai irrimandabile riscatto della Calabria – «Ma quando bevo sono pronto a pagare/ L'acqua che in quella terra è più del pane».

Nuntereggae più diviene il manifesto degli studenti che manifestano fuori dal governo per il diritto allo studio e prendendosi qualche licenza poetica tipica del rap il testo riadattato potrebbe diventare: «Ministri puliti, i buffoni di corte, Super pensioni (Nun te reggae più) /Ladri di stato e stupratori/Il grasso ventre dei commendatori// Diete politicizzate/ Evasori legalizzati (Nun te reggae più)/ Auto blu/Sangue blu/ Eya alalà (Nun te reggae più)/ Pd Fi (Nun te reggae più) IV FdI (Nun te reggae più), Renzi, Melon, Salvini (Nun te reggae più)/ Immunità parlamentare (Nun te reggae più)/ Grande Fratello e illusioni/ Lotteria a trecento milioni/ Mentre il popolo si gratta/ Mentre vedo tanta gente/ Che non c'ha l'acqua corrente/ E non c'ha niente/ Ma chi me sente».

I personaggi di Rino attraversano le stagioni e sono ancora vivi: Aida è l’Italia ferita a morte dalle stragi politico-mafiose ma che possiede ancora il candore disarmante della giovane Luana risucchiata da un orditoio in una fabbrica che ha stritolato i suoi sogni e cucito per sempre il suo sorriso. Le parole di Aida potrebbero essere benissimo un’omelia di Don Luigi Ciotti. 

Le sue canzoni oggi

I quarant’anni dalla scomparsa di Rino Gaetano (sarà pubblicato il prossimo 25 giugno la raccolta Istantanee e tabù – Sony Music Legacy – impreziosita dal brano inedito Io con lei, rarità e provini mai pubblicati) ci donano l’occasione di provare a tessere una vera e propria analisi del testo ragionata delle sue canzoni, individuarne l’erede artistico (forse Brunori Sas e non per appartenenza geografica ma per affinità poetica) e donare ai nostri figli quella speranza che, nonostante tutto il delirio, «Il cielo è sempre più blu». Ripensando al sillabario di Rino la parola ricorre frequentemente, come nell’inedito pubblicato postumo nel 2009 I miei sogni d’anarchia in cui emerge tutta la sua visione di nuova resistenza: «Nei suoi sogni ritrovavo anche un po' di me/ E lei scopriva ogni giorno il valore del denaro e le conseguenze/ Toccava il cielo con un dito e sanava le ferite con la rivoluzione/ […] / Ed il '68 raccontato e le conquiste, le canzoni che dicevano, "oh, oh" […] Le bugie, le poesie, i racconti e la paura/ L'inflazione, le battaglie, l'egoismo della razza/ […] Vecchi libri e dischi rock, un sudario e mille storie/ […] I sogni, l'anarchia i miei sogni d'anarchia.. Io l'amavo e lei amava me». Fra le perle più segrete e civili Agapito Malteni il ferroviere. Una canzone che avrebbe potuto scrivere anche Bob Dylan, una ballata folk in cui ritrovare il dolore dell’emigrazione dei meridionali pugliesi che negli anni settanta abbandonavano le terre per le fabbriche delle città del nord. «Agapito Malteni era un ferroviere […] Seppure complessato il cuore gli piangeva/ Quando la sua gente andarsene vedeva/ Perché la gente scappa ancora non capiva/ Dall'alto della sua locomotiva/ La gente che abbandona spesso il suo paesello/ Lasciando la sua falce in cambio di un martello/ Ricorda nei suoi occhi nel suo cuore errante/ Il misero guadagno di un bracciante». 

Un software di intelligenza artificiale ha realizzato canzoni inedite di Kurt Cobain, Amy Winehouse e Jim Morrison attingendo dal loro stile scomponendo e ricomponendo versi, sound e simulando le voci. E se anche Rino Gaetano avesse potuto scrivere una canzone oggi? Non ho utilizzato alcun programma tecnologico ma ho ascoltato i suoi vecchi vinili. Ho preso carta e penna e ho provato a scrivere un monologo postumo con le sue parole guardando al mondo di oggi. Per l’esperimento di resurrezione creativa scelgo, come tema musicale per il lungo testo, una versione nuda di Mio Fratello è figlio unico, eseguita in solo piano da Sergio Cammariere (cugino di Rino): è venuto fuori questo  poema: Io scriverò se vuoi/ Perché cerco un mondo diverso/ Perché ho amato tutti i sessi/ Io scriverò perché ho vissuto anche di espedienti/ Io scriverò sul mondo e sulle sue brutture/ / Sul mio passato e sulle mie paure/ E al mattino al mio risveglio cerco in tutte le canzoni uno spunto per la rivoluzione e cerco la verità nell’arte/ mi guardo intorno per un po' e mi accorgo che son solo/ cerco una bandiera diversa senza sangue sempre tersa/ ma io con la mia guerra voglio andare sempre avanti, e costi quel che costi la vincerò non ci son santi/ Escluso il cane tutti gli altri son cattivi, poco disponibili/ Mio fratello è sfruttato, represso calpestato odiato, deriso, frustrato picchiato derubato, sottomesso disgregato, frustrato derubato sottomesso, malpagato/ Anche questo è sud/ vecchi gozzi alla deriva si preparano alla pesca con le reti rattoppate nella stiva/ e poi il ritorno in un paese diviso/ le tue battaglie/ i compromessi/ la povertà/ i salari bassi la fame bussa/ la democrazia e chi ce l'ha/ Mio fratello è convinto che esistono ancora gli sfruttati malpagati e frustrati/ Filava la lana e l'amianto del vestito del santo che andava sul rogo e mentre bruciava urlava e piangeva /. Chi vive in baracca, chi suda il salario/ chi ruba pensioni, chi ruba, chi lotta, chi scava nei cuori, chi regna sovrano, chi gli manca la casa, chi vive in Calabria, chi muore al lavoro, chi scrive sui muri, chi odia i terroni, chi scrive poesie/ Beati sono i ricchi perché hanno il mondo in mano/ Beati i potenti e i re/ E beato chi è sovrano/ Beati i bulli di quartiere/ Perché non sanno ciò che fanno/ Ed i parlamentari ladri / Che sicuramente lo sanno/ Beata è la guerra/ Chi la fa e chi la decanta/ Ma più beata ancora/ È la guerra quando è santa/ Beati i premiati/ Con le medaglie d'oro/ Beati gli arrivisti/ I nobili e i padroni/ Specie se comunisti/ Beata la finanza/ Beati i critici e gli esegeti/ Di questa mia canzone/ Ma il cielo è sempre più blu.

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