Andrea ha 28 anni, livornese, adora Bruce Springsteen: «Il mio primo giorno al Sant’Anna era luglio 2016 e pioveva. Non ci credevo. Poi ho visto che questo posto cresceva, cambiava con me. Taglio l’erba, uso il decespugliatore, annaffio le piante, lavoro nei campi, pitturo le staccionate. Ma la cosa più bella è mangiare in compagnia».

Paolo ha 26 anni, si occupa delle galline: «Do loro da mangiare, raccolgo le uova, cambio il fieno, le conosco una a una. Il mio sogno è lavorare in ferrovia, occuparmi della manutenzione dei binari. Cambiarli quando si rompono.»

Pietro, 38 anni, fa il cameriere: «Ricordo il mio primo giorno: un cliente mi ha chiesto “com’è il vostro baccalà?” e io risposi “puzza”. Che è vero, ma forse i clienti volevano una descrizione meno letterale». Pietro coltiva l'arte del sarcasmo: «In fondo siamo tutti strani no? Voi collezionate francobolli, io torce elettriche».

Andrea, Paolo, Pietro e gli altri ragazzi e ragazze con autismo fanno parte del progetto Aut Aut (Autonomia Autismo).

Una vita autonoma, l'inclusione sociale e l'inserimento proficuo nel mondo del lavoro per loro è l’obiettivo della Fondazione Aut Aut partita nel 2017 per iniziativa di Fondazione Carispezia.

È un tema molto attuale: le persone con neurodivergenze (di cui l'autismo è la punta) rappresentano oggi il 10 per cento della popolazione (ma secondo altre stime si arriva al 20 per cento). Nella società che invecchia sostenerne l'autonomia diventa, oltre che un irrinunciabile principio di eguaglianza sociale e inclusione, un vantaggio per il mercato del lavoro e per il sistema del welfare.

Ma anche comunità più giovani e dinamiche prestano maggiore attenzione a questa situazione: nelle scorse settimane a Strasburgo si è concluso il congresso dell'Escap (la commissione Onu economica e sociale per il Pacifico e l'Asia) con un focus dell'unità di neuropsichiatria infantile di Tor Vergata sull’autismo al femminile: "Life as an autistic girl: from diagnosis to professional inclusion through camouflage” (La vita di una ragazza autistica: dalla diagnosi all'inserimento professionale attraverso il camuffamento).

Non solo: dal 17 luglio è approdato su Netflix «La vita da grandi», film diretto da Greta Scarano e interpretato da Matilda De Angelis e Yuri Tuci (attore e performer teatrale con sindrome di Asperger), che racconta con grande intensità e senza retorica la storia vera di una ragazza che si trova ad occuparsi del fratello autistico: dalla sua decisione di stimolarne l'autonomia con un «corso intensivo per diventare adulti» deriverà un percorso di crescita per entrambi.

Ecco, quella di “diventare adulti” è esattamente l'idea di fondo della Fondazione Aut Aut. Con un assunto semplice che però richiede tenacia: partire dal settore del turismo e dell'ospitalità alberghiera per costruire un percorso concreto di indipendenza, dignità e partecipazione.

Spiega il direttore della Fondazione Vittorio Bracco: «Aut Aut è nata dagli stimoli e dal lavoro delle associazioni Agapo Odv e Angsa da anni impegnate a dare risposte concrete al numero crescente di persone con disturbo dello spettro autistico. Fondazione Carispezia ha deciso di promuovere un percorso condiviso, avviando un modello che integra servizi, formazione e impresa sociale, e concretizzandolo nelle strutture Luna Blu e Sant’Anna Hostel: sono i luoghi dove il progetto prende vita ogni giorno. Il lavoro è uno degli strumenti più forti per dare autonomia, per questo riteniamo importante non limitarsi all’assistenza, ma creare reali opportunità di crescita e partecipazione».

Luna Blu è una casa per ferie con un ristorante di cucina ligure dove si mangiano anche pasta e focaccia prodotte dai ragazzi con autismo nei laboratori della struttura. Un posto che garantisce serenità anche alle famiglie con figli non solo autistici ma con deficit cognitivi importanti che impongono un'assistenza quotidiana. Mentre il Sant’Anna Hostel, nel verde delle colline che circondano La Spezia in un contesto rurale, fuori dai rumori e dallo stress della città, offre ospitalità e agricoltura sociale con l'orto biologico e i corsi di preparazione delle conserve.

Un progetto dove l’inclusione si accompagna a qualità, sostenibilità e innovazione. Le due strutture della Fondazione Aut Aut pensate per accogliere ragazzi e ragazze da tutta Italia sono un punto di partenza. Luoghi in cui i giovani vengono formati in accoglienza, ristorazione, cucina, cura degli spazi. Due oasi per fiorire, crescere, diventare indipendenti.

Il progetto è stato costruito grazie alla sinergia tra enti pubblici, privati e terzo settore. Fondazione Carispezia ha avuto un ruolo importante nella regia e nel coordinamento, ma il valore deriva dalla capacità di fare rete. «Attenzione: accogliere la diversità è fondamentale per una società che invecchia – spiega il dottor Paolo Cornaglia Ferraris, medico chirurgo specializzato in pediatria ed emato-oncologia, presidente della Fondazione Aut Aut – Queste due realtà realizzate anche da genitori incapaci di arrendersi di fronte agli ostacoli sono eccellenze a La Spezia e modelli di riferimento per il resto dell'Italia».

Spiega che le persone neurodivergenti «rappresentano almeno il 10% della popolazione. Fanno un percorso scolastico protetto dalla legge 104, beneficiano di un insegnante di sostegno non sempre competente e poi, arrivati all'età adulta, trovano occupazione solo nel 2% dei casi. Dipendono dai loro genitori perché incapaci di relazionarsi socialmente in modo adeguato. Dunque, non trovano lavoro e non sanno abitare da soli né riescono a trovare una compagna o un compagno per fare famiglia».

La Fondazione Aut Aut nasce per questi giovani adulti, dimostrando che è possibile inserirli nel mondo del lavoro e organizzare per loro nuclei abitativi: «È letteralmente un aut-aut –  prosegue Cornaglia Ferraris – o facciamo così oppure non resta altro che tornare ai manicomi, dove gli autistici erano rinchiusi ed esclusi dalla società, oppure relegati in istituti di preti e suore cui restava solo una compassionevole assistenza».

Al contrario, inclusione sociale, autonomia e lavoro ridanno dignità e contesto alle loro vite: «Alzarsi al mattino ed andare a lavorare, significa dare senso alla propria esistenza, pianificarla dentro un circuito di relazioni quotidiane che generano consapevolezza sociale. Questo progetto ha concretamente cambiato in meglio la vita di molte famiglie».

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