A pochi giorni dal 2 aprile la Giornata Mondiale per la Consapevolezza dell’Autismo è forse utile aprire una riflessione intorno al significato di questa ricorrenza di alto valore simbolico. 

Bisogna ricordare, innanzitutto, che con un’incidenza di 1 bambino su 77 (età 7-9 anni) sono almeno 600mila le persone autistiche che vivono in Italia. Né finisce qui: se teniamo conto anche dei nuclei familiari, formati da entrambi i genitori e da almeno un fratello o sorella, questo numero, già di per sé considerevole, si impenna vertiginosamente perché, moltiplicato per quattro, restituisce una stima, “terrificante” nella sua crudezza, di 2 milioni 400mila persone coinvolte quotidianamente.

Questa imponente fascia di popolazione è in larga misura abbandonata a sé stessa. Quasi sempre sono i genitori a reggere il peso della quotidianità fino a diventare essi stessi portatori sani di disabilità. Sono i familiari a occuparsi di tanti e complicati problemi, in particolare di quelli che non spetterebbe loro risolvere. È sulle loro esili spalle che grava il carico esorbitante di realtà spesso gravose e gravosissime.

I servizi e le istituzioni non comprendono che con l’autismo siamo davanti a una compromissione neurobiologica molto complessa, che è “altro” rispetto a forme diverse di handicap dipendenti da disagio psichico.

Da qui la necessità di stabilire un approccio multisistemico, che è l’antitesi del “modello” tanto caro a larga parte della psichiatria, prigioniera di uno stigma duro a morire, fondato sulla somministrazione di massicce dosi di psicofarmaci con cui si illude di contrastare alcune delle manifestazioni più eclatanti associate alla condizione autistica, senza minimamente indagarne le cause, legate invece, com’è ampiamente acclarato, a molteplici fattori.

È dunque oltremodo urgente che persone come i nostri figli passino dalla condizione di “paziente autistico” a quella di “Persona con autismo” che, grazie ad un vero e non solo reclamizzato progetto di vita, a una vera e non solo reclamizzata presa in carico globale, viva con dignità e decoro il suo tempo.

lo stato garantisca i diritti

Lo stato, il 2 aprile, anziché limitarsi a illuminare di blu i suoi palazzi e a lasciare che ministri e sottosegretari pronuncino le rituali inutili parole di circostanza, sempre uguali a quelle dell’anno prima, faccia altro: rispetti e soprattutto applichi i diritti riconosciuti a chi soffre di questa grave disabilità. Applichi le leggi che ad oggi esistono solo sulla carta: per citarne alcune la 328 del 2000 sul progetto di vita, la 68 su disabilità e lavoro, la 134 del 2015 sull’autismo, la 112 del 2016 sul “dopo di noi”.

Dia risposte concrete alla mancanza di specialisti e alla carenza di formazione specifica; favorisca l’inclusione scolastica e la continuità nell’erogazione della terapia Aba anche durante l’orario scolastico.

Dia attuazione, dopo ben cinque anni, al decreto sui nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza) e all’approvazione del nomenclatore che aggiorna le tariffe per l’assistenza specialistica ambulatoriale e protesica. Garantisca percorsi ospedalieri dedicati, prendendo a modello la Rete D.A.M.A. – Disabled advanced medical assistance. Si impegni perché nei pronto soccorso siano predisposti percorsi preferenziali e vi sia personale medico e paramedico formato nell’accoglienza e cura delle Persone autistiche.

Dica basta a strutture alienanti e si adoperi per favorire la creazione di piccole comunità di tipo familiare, integrate sul territorio, in cui diventi possibile migliorare le capacità di socializzazione degli utenti conferendo loro nuove abilità in grado (perché no?) di sfociare in un inserimento lavorativo protetto. Applichi la mozione di indirizzo politico approvata il 3 marzo, con voto unanime, dalla Camera dei deputati. Riconosca il valore e l’importanza dei caregiver con una legge che purtroppo tarda invece, vergognosamente, a essere approvata.

Il 2 aprile le televisioni e i giornali diano voce non alle solite icone mediatiche, innamorate di presenzialismo, ma a quei genitori stravolti e consumati dalla fatica, che lottano ogni giorno per sopravvivere. E con loro diano spazio a quelli che sono i reali e unici protagonisti: i bambini, gli adolescenti, gli adulti con autismo. Si offrirà, in questo modo, una rappresentazione molto lontana dalla facile retorica di servizi e istituzioni che raccontano di un autismo “rococò” e fiabesco che esiste solo nella loro fantasia.

durante noi

Bisogna ricercare in fretta, “durante noi” e non “dopo di noi”, le soluzioni più adeguate. Guai ad abbassare la guardia: per le famiglie deve diventare, quella con i servizi e le istituzioni, una competizione tra pari e non impari, perché pensare il contrario è un insulto alla nostra intelligenza. Sino a quando ne avremo la forza combatteremo questa battaglia di civiltà, perché a noi interessa solo esclusivamente il bene dei nostri figli indifesi.

È ora di capire finalmente che la consapevolezza che dà titolo alla giornata del 2 aprile è proprio quella che manca alle nostre controparti. Sta a noi inculcarlo. Sta a noi riprendere in mano il destino dei nostri cari.

«Non conosco nessuno che è totalmente autistico o puramente neurotipico. Anche Dio ha avuto alcuni momenti autistici, motivo per cui i pianeti ruotano» – Jerry Newport

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