La Biennale delle donne

Conversazione rubata sulle artiste e i loro desideri

Foto AGF
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  • Due persone passeggiando parlando della mostra veneziana: «Questa Biennale è bella, esuberante, colorata». Cecilia Alemani ha messo insieme tante opere splendide.
  • «Ma faceva prima a dire che la sua Biennale è rivendicativa; anzi, vendicativa. Lo si può capire: è giusto che gli artisti maschi sentano che cosa si prova a essere ridotti al dieci per cento del totale, come succede di solito alle donne nell’arte», dice una. «Ma il tema della mostra non è questo!», dice l’altra. «Lo è di fatto», replica la prima.
  • La presenza di The Parents’ Room di Diego Marcon dimostra che i maschi sono accettati purché facciano ammenda. Ma se il tuo intento è risarcire le artiste del passato e del presente, «e non lo dici a voce alta ma ti nascondi dietro un altro tema, crei strani cortocircuiti».

«Il pene sul carro tirato da giraffe, l’opera di Raphaela Vogler, per me è l’emblema di questa Biennale. È un apparato genitale maschile funestato da condilomi, papule, tumori ai testicoli, alla prostata, sul glande. Viene trascinato come una preda di guerra, un ludibrio carnevalesco. La didascalia, scritta dai curatori della mostra, parla di “umorismo” dell’artista tedesca che ne è l’autrice. Ora, immagina se al posto del pene ci fosse una vagina, con cancri e piaghe. Altro che “umorismo”! Si

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