Un dibattito sul ruolo che avrà nel futuro il maschio e su quali si sia conquistata nel tempo la donna tra la giornalista fondatrice del Manifesto e lo scrittore Walter Siti, che si chiede se il femminismo sia causa dei cambiamenti o effetto dell’evoluzione di tecnologia e biologia
«Hanno ormai evidentemente una crisi psicotica, infatti ammazzano le donne che si ribellano». A dirlo Luciana Castellina, giornalista e fondatrice del Manifesto parlando di uomini “che non reggono”, il tema del panel del nostro evento Il Domani delle donne al Tempio d’Adriano di Roma. Dal suo punto di vista non si può fare a meno degli uomini, anzi vanno aiutati a superare la crisi profonda che improvvisamente dopo millenni vengono messi in discussione. «Cosa ne facciamo? Come li collochiamo nella società?»
«Ho fatto per anni un lavoro da uomo, la segretaria della sezione universitaria del Pci» continua a raccontare Castellina, che spiega che uno dei suoi compiti era aiutare le giovani compagne che ne avevano bisogno ad abortire. Dal punto di vista della giornalista, non è stato però risolto il rapporto tra donne e uomini: «Non c’è rivoluzione senza spargimento di sangue, diceva Lenin» spiega. «Bisogna metterlo in conto, ma alla fine siamo un prodotto della natura o della storia?»
Di lato rispetto al femminismo
«Il maschio si trova in una situazione di grande divaricazione» risponde Walter Siti, scrittore. «Da un lato lo si invita ad abbracciare la decostruzione di qualcosa che a lungo hanno considerato naturale e ovvio» continua, «mentre l’aspetto reazionario propone un ritorno alla presupposizione di sapere cosa sono sempre stati e cosa continueranno a essere» i due sessi che identificano i conservatori. Una contrapposizione difficile: «Mi chiedo se sia quella la causa scatenante o se abbia intercettato qualcosa per cui i femminismi stessi possano essere stati un effetto, originati da tecnologia e biologia». Da un lato, la perdita d’importanza della forza fisica, dall’altro anche l’evoluzione della specie.
Servirebbe una presa di coscienza di cosa sono gli uomini, continua lo scrittore, come le donne hanno iniziato a farlo per loro stesse settant’anni fa. La tentazione di tornare al prima verrà sconfitta, secondo Siti, ma la lotta tra i punti di vista rischia di diventare la negazione del rapporto stesso tra donne e uomini.
Lo scrittore spiega che, in virtù della sua omosessualità, ha eliminato il femminile dalla sua vita, ma contemporaneamente ha guardato alla rivoluzione culturale della parità di genere «come un entomologo». «Finalmente questa volta non si parla di cose sovrastrutturali ma di qualcosa che tocca l’aspetto prepolitico della società, ma non me ne sento minimamente coinvolto».
Donne e ruoli?
«Essere femmine è una diversità naturale o è un prodotto di una storia, quella del patriarcato?» riprende Castellina. «L’elemento della maternità mi sembra decisivo» osserva Siti. «Ma sebbene faccia figli posso fare anche il notaio» ribatte la giornalista che spiega però che non è un punto di vista riduttivo. «Le nostre leggi hanno introdotto il cittadino neutro, che però non esiste».
«Una volta che abbiamo provato di esserne capaci, dobbiamo faticare il doppio» per avere maternità e carriera. «La fruizione dei diritti liberali è un imbroglio», dice Castellina per sottolineare come le leggi siano modellate sull’identità maschile.
«Questo problema della natalità non è solo questione di possibilità che vengono date alle donne» in termini di asili nido e altra assistenza, obietta Siti. Lo scrittore vede nelle regioni della denatalità altre questioni, come il tipo di vita che fanno oggi le donne nella loro età di fertilità massima. «Ho l’impressione che il modello economico sia ormai uno: non ci sono alternativa. Non è solo questione di leggi ma di come questo capitalismo è andato avanti, per cui chiedere a una donna di vent’anni di fare figli è controcorrente».
E poi, l’innovazione tecnologica che riguarda la riproduzione, nello specifico la produzione di gameti a partire dalle cellule staminali: una possibilità che permetterebbe alle donne di autofecondarsi. Per Siti, il rischio è che in prospettiva si prepari un’altra rivoluzione, tutta governata da economia e tecnologia.
Verso il postumano
Sull’attivismo dei più giovani «sono molto pessimista – premette lo scrittore – vedo fuochi di paglia di giovani che vanno incontro a una contraddizione di fondo. Sono basati sulla tecnologia, ma loro non hanno nessuna proprietà dei mezzi di produzione su cui fanno propaganda» dice, parlando dei giovani contemporanei impegnati nell’attivismo. «Ci sono delle alternative, siamo capaci di pensare a una rivoluzione che non dipenda solo da poche major?»
Con un passaggio sul nuovo sindaco di New York Zohran Mamdani. «Mi fa paura ciò che dice, tiene i toni di ciò che dice di voler combattere». Sullo stesso tema Castellina tira in ballo il conflitto in medio oriente, che implica anche l’ostilità per le abitudini prolifiche della popolazione palestinese da parte degli israeliani. La stessa paura rischia di sbarcare in l’occidente: «Abbiamo bisogno che l’occidente faccia figli, basta con questa storia del femminismo», mette in guardia la giornalista. «Rischiamo di trovarci di fronte a un arretramento su tutte le nostre battaglie» continua, raccomandando una maggiore attenzione al lavoro dei femminismi di altri paesi.
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