A oltre dieci anni dalla legge europea che ha dato il via a un lungo iter normativo, quasi 30mila candidati si preparano a sostenere le tre prove, nonostante un ricorso su cui il Tar si esprimerà in autunno. Ma il vasto programma d’esame, che richiede lo studio di oltre 500 siti e musei in tutta Italia, non convince partecipanti e associazioni e si è rivelato un boomerang per il ministero di Santanchè: «Prevale il nozionismo e c’è poco spazio per la parte pratica»
Dopo oltre dieci anni di attesa e alla fine di un lungo e complicato iter normativo, è stato bandito il primo concorso nazionale per l'abilitazione alla professione di guida turistica. Quasi 30mila candidati si preparano a sostenere le tre prove previste, ma il vasto programma d’esame non convince partecipanti e associazioni: «Prevale il nozionismo e non si valorizza la nostra professione», fanno sapere. L’iniziativa, dunque, si è trasformata in un boomerang per il ministero del Turismo guidato da Daniela Santanchè.
C’ERA UNA VOLTA UNA LEGGE EUROPEA
Il ministero del Turismo aveva stimato la «partecipazione di oltre quattromila candidati». Alla chiusura del bando, le domande presentate sono 29.228.
Per il comparto turistico, questo concorso rappresenta un traguardo storico, che segna la fine di un iter normativo iniziato con la legge europea numero 97 del 2013. Con essa l’Italia recepiva le disposizioni europee secondo cui l’abilitazione alla professione, che fino ad allora era regionale o provinciale, doveva avere una validità su tutto il territorio nazionale.
A completamento della legge 97, si attendeva un adeguamento normativo italiano che stabilisse nuove modalità di accesso ed esercizio dell’attività di guida turistica a livello nazionale, ma per molti anni il percorso di riforma è rimasto in sospeso, bloccato da numerosi ostacoli. Durante questo periodo, i concorsi per il rilascio dell’abilitazione continuavano a essere banditi su base regionale, ma la loro validità diventava nazionale.
Fino a quando, nel 2020, il Consiglio di Stato ha stabilito che l’abilitazione è di sola competenza dello stato e che, per ottenerla, bisogna superare un concorso nazionale, secondo normativa. Ma in quel momento una legge specifica non c’era ancora; dunque, i concorsi hanno subito una battuta d’arresto, con conseguente calo del numero di guide abilitate.
Il vuoto normativo è stato risolto solo nel 2023, con la legge 190, inserita due anni prima tra gli interventi del Pnrr dall’allora ministro del Turismo Massimo Garavaglia (governo Draghi). L’anno successivo è entrato così in vigore il relativo regolamento attuativo del ministero del Turismo, introdotto con il decreto 88 del 26 giugno 2024.
DALLA RIFORMA AL CONCORSO NAZIONALE
Con la riforma sono stati uniformati i requisiti di accesso – terreno di discussione ampiamente battuto – all’esame da guida turistica, superando la confusionaria frammentazione regionale. È stato istituito un elenco nazionale delle guide turistiche ed è stato stabilito che i concorsi dovranno svolgersi con cadenza almeno annuale.
A gennaio 2025 si è arrivati così al primo concorso nazionale, indetto dal ministero del Turismo. Il bando è, però, piaciuto poco all’associazione di categoria ANGT (Associazione nazionale guide turistiche), che ha deciso di presentare un ricorso, incontrando i pareri negativi delle altre sigle del settore che temevano un possibile ulteriore rallentamento delle procedure concorsuali.
Sebbene il Tar del Lazio abbia accolto il ricorso e fissato l’udienza al 14 ottobre, il ministero ha subito notificato che non ci sarebbe stata nessuna sospensione delle prove.
UN ESAME CHE NON VALORIZZA
Da qualche settimana la pubblicazione del programma d’esame ha acceso nuove discussioni e critiche da parte di associazioni e candidati. Per le tre prove (scritta, orale e tecnico-pratica) è richiesto lo studio di oltre 500 siti, musei e luoghi sparsi in tutta Italia.
Ciò che non convince è soprattutto l’effettiva funzionalità di un esame basato su una smisurata mole di contenuti e come questo possa valorizzare la figura della guida turistica. E, dal punto di vista di tanti addetti ai lavori, una conoscenza di tutto il patrimonio nazionale si può ritenere quasi inutile, dal momento che tendenzialmente ogni guida lavora su un solo territorio e si specializza su alcuni siti specifici.
A Domani Silvia Graziani, presidentessa di GTI (Guide turistiche italiane), spiega: «Ai tavoli di lavoro con il ministero avevamo suggerito di lasciare più spazio alla parte pratica, in cui valorizzare il candidato e le sue capacità. Invece, si richiede di preparare un esame su un lungo elenco, da dover imparare a memoria e basta». E auspica che «per i prossimi concorsi ci siano miglioramenti».
Polemica è anche la posizione di AGTA (Associazione guide turistiche abilitate), che ha definito il programma «inutilmente nozionistico», «senza una logica» e mancante di «dati e strumenti utili ai fini dello svolgimento della professione». Le stesse ragioni muovono la critica dell’associazione “Mi riconosci”: «Si punta sul nozionismo più becero e questo fa interrogare anche su cosa intenda il ministero per la figura di “guida turistica”. Una legge che non riesce a mettere d’accordo è il risultato di anni di inerzia».
Perplessi e insoddisfatti pure i candidati che abbiamo ascoltato. Qualcuno ritiene che «questo tipo di approccio, così accademico e dispersivo, penalizza chi ha già esperienza sul campo e favorisce una preparazione sterile», mentre c’è chi parla del concorso come «un’occasione sprecata».
Intanto l’iter va avanti e adesso si attende la pubblicazione del calendario delle prove.
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