Il 2023 sarà l’anno del centenario di don Lorenzo Milani, nato a Firenze il 27 maggio 1923. È stato istituito un comitato dal ministero della Cultura, presieduto da Rosy Bindi, che sta pianificando iniziative importanti per l’anno che si è aperto; ci saranno convegni e dibattiti; tavole rotonde e pubblicazioni. Le case editrici stanno infatti affrettandosi per chiudere le cedole in tempo per far trovare pronti sugli scaffali libri, libricini, instant book sul prete toscano e Barbiana tornerà ad essere, per qualche mese, sotto al radar dei media.  

In tutto questo fermento volto a ricordare l’opera e la vita di Milani, prepariamoci anche al ritorno di certi commenti mai passati di moda, anzi, in questi tempi anche rafforzatisi, come “era meglio la scuola del passato”, “il non bocciare milaniano ha distrutto l’istituzione scolastica”, “Rodari e Milani hanno creato studenti somari”, “torniamo al sano nozionismo e alla lezione frontale”.

Il citazionismo

Ai luoghi comuni si è aggiunta un’altra attività: il citazionismo. Di sicuro impatto ed effetto, seppur semplificatorio, tutto sommato può anche avere una sua utilità, se è un modo per incuriosire, per accostarsi agli autori e avvicinarsi ai loro testi.

Con una avvertenza, però. Che le citazioni siano corrette. Perché dobbiamo constatare che la stagione del citazionismo, in pieno autunno filologico, ha portato con sé anche usi e abusi delle ipsissima verba: il desiderio di citazione ha generato infatti veri e propri nuovi excerpta, che diventano a loro volta degli originali.

Si potrebbe dire che tutto sommato sia irrilevante il fenomeno, non certo inedito, se non fosse il sentore di qualcosa di più profondo. Ci è caduto recentemente (il 15 gennaio scorso) anche Pierferdinando Casini nella trasmissione serale di Raitre Che tempo che fa. Chiamato da Fabio Fazio a presentare il suo ultimo libro, C’era una volta la politica, alla domanda «ma ci sono ancora i politici? Ce ne sono ancora di quelli che lei definirebbe politici?», Casini rispondeva: «Io sono entrato in politica quando c’era appunto Nilde Iotti, incontravo spesso Natta, […] c’era Almirante, c’era Spadolini, c’era Craxi, c’era Malagodi, c’erano Fanfani, Andreotti, Forlani. Cioè questa era… che devo dirvi? Era roba pesante».

«E adesso ce ne sono ancora?», chiedeva il conduttore. «Insomma, ce ne sono ancora…. Diciamo così… che la specie si sta un po’ estinguendo…. Però, però, diceva don Milani, diceva una cosa bella che io dico nel libro. A una serie di giovani che giustamente dal loro punti di vista dicevano: “Noi non facciamo politica, non ci interessa la politica, la politica è una cosa sporca”, don Milani rispose: “A che vi serve a voi avere le mani pulite se le tenete in tasca”».

La frase è di indubbio impatto, bella per un titolo di un libro (che c’è stato!). C’è solo un piccolissimo problema: Milani l’avrebbe potuta pensare, probabilmente condividere, ma purtroppo quella frase non l’ha mai scritta né pronunciata.

Il piano della fantasia

E il dialogo, ricreato da Casini, rende la narrazione certo più godibile e credibile, ma rimane sempre sul piano della fantasia, perché l’evento non c’è mai stato.

L’ex presidente della Camera non ha particolari colpe, perché non è stato il primo a incappare in questo genere di errore; si appoggia su una lunga tradizione, che vanta scrittori, giornalisti, intellettuali e anche cardinali.

E se all’origine della creazione di questo “falso” vi è un settimanale cattolico, poi è stato Saviano a giocare un ruolo da amplificatore e il rimpallo che genera arriva appunto fino a Casini. Merita qui riproporre la genealogia di quell’errore.

Responsabile è Famiglia Cristiana che nel giugno del 1997 pubblica un articolo a firma di Franca Zambonini (“Un cristiano vero: don Milani. Ricordo del «prete scomodo» a trent’anni dalla morte”) in cui si riportava: «Nanni Banchi è falegname; nella sua bottega lavora con lui la figlia Sabrina, 25 anni, diplomata all’Istituto d’arte. Alle pareti ci sono frasi di don Milani scritte su tavole di legno. Come questa: “A che cosa sarà servito avere le mani pulite se le mani le avremo tenute in tasca?”».

Ecco fatto: una svista, probabilmente. Ma l’apoftegma da lì in poi avrà vita propria. La frase verrà poi usata dallo scrittore Roberto Saviano nell’intervento pronunciato al PalaSharp di Milano il 5 febbraio 2011, in occasione dell’evento Dimettiti!, organizzato da Libertà e giustizia per chiedere le dimissioni di Silvio Berlusconi, allora presidente del Consiglio.

Non soddisfatto, la frase viene usata per rafforzare la tesi in un articolo che anticipava su La Repubblica quel discorso ("Il diritto di sognare un’Italia pulita”).

Nell’articolo si citava il passo: «Questo è il momento non dico dell’unità, ma almeno delle affinità. La purezza non serve più. Ricordo quel che diceva Don Milani: “A cosa sarà servito avere le mani pulite se le abbiamo tenute in tasca?”. Sporcarsi le mani non ha nelle parole del parroco della scuola di Barbiana nessun significato di corruzione, è ovvio: vuol dire la necessità di fare, anche sbagliando, di realizzare cose che possano essere difficili, ma utili. Unirsi nelle diversità è cosa complicata ma ormai imperativa. Certi che da questa unità verrà del bene per tutti».

La trappola

Sull’onda del successo riscosso dalla citazione una casa editrice, Chiarelettere, si è appropriata della frase e ha pubblicato l’instant book nel 2011 nella collana dedicata a «discorsi e testimonianze di pensiero libero contro censure e condizionamenti».

Nel volumetto si raccoglievano una serie di testi del priore di Barbiana sotto il titolo, appunto, a che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca, senza preoccuparsi però di cercare l’origine di quella espressione, che così entrava de facto nel canone milaniano e legittimava la citazione medesima.

Il citazionismo è, come si sa, una trappola in cui è facile cadere: sull’onda del successo, ricorrevano poi a quella falsa citazione rispettivamente il cardinale Ravasi, che apriva dalle pagine di Avvenire un suo articolo nel maggio del 2011 con l’apocrifo milaniano, e Massimo Gramellini nel 2013.

Il giornalista dedicava alla frase uno dei suoi celebri Buongiorno dalla prima pagina de La Stampa per poi ricorrervi anche nella trasmissione di Raitre (di nuovo) Che tempo che fa?. Strappa un sorriso il fatto che, a fronte delle precisazioni che nel frattempo erano state fatte dagli studiosi, il giornalista è stato poi costretto a smentire in diretta l’attribuzione della citazione a Milani il lunedì successivo, 18 marzo 2013, sempre dal salotto di Fazio, nella rubrica “Dialogo” tra un cacciaballe e un rompiballe, dedicata appunto a smentire le false notizie.

A firma Mazzolari

Per fare chiarezza: La citazione non è falsa. È in realtà un adattamento di un passo scritto da un altro prete amico di don Milani, don Primo Mazzolari (sono stati ricordati insieme da papa Francesco nel 2017), che nella prefazione a Tempo di credere (siamo nella seconda metà del 1940), la meditazione sull’episodio del passo evangelico di Emmaus, poi sequestrata per ordine del Minculpop e diffusa clandestinamente, scriveva: «Nessuno può rimandare a domani quando è l’ora; e questa è l’ora. Nessuno può tenere le mani in tasca per paura di contaminarle».

I due sacerdoti, sebbene con le dovute differenze, sono d’altra parte accomunati dalla medesima «assunzione radicale dell’evangelo». Non c’è da stupirsi: Vanessa Roghi ha cercato in tutti i modi possibili di spiegare che la frase di Rodari che gira in rete è falsa: «Vorrei che tutti leggessero, non per diventare letterati o poeti, ma perché nessuno sia più schiavo».

Purtroppo, però, la combo “immagine di Rodari più frase falsa ad effetto” è diventata un meme virale il cui uso e riuso nei social è difficile da fermare e la campagna per raddrizzare questo tipo di cose ricorda un po’ quella contro i mulini a vento.

Anche perché importanti case editrici e librerie continuano a stampare borsine, farci magneti, con la bella (e falsa) citazione. Al di là dell’ironia, queste storpiature o false citazioni denotano amaramente una più triste verità: che questi sono autori che vengono spesso citati, storpiati e incastrati in slogan spesso non loro, ma al fondo poco letti.

Nel 2017, proprio a fronte di questa constatazione, avevo coordinato un gruppo di studiosi per pubblicare in edizione critica l’opera omnia di don Milani nei Meridiani Mondadori, per facilitare l’accesso diretto alle fonti di Milani che, al di là dei testi più conosciuti, era comunque difficile reperire nella loro interezza.

Casini è solo al momento l’ultimo di una lista che è in continuo aggiornamento. Di qui, una proposta ai lettori di Domani: si può indire una competizione nell’anno del centenario. Ci si arma di carta e penna e si segnano le volte che la frase verrà citata e attribuita a Milani. Poi ci si riaggiorna a fine 2023. Chiudo con una citazione milaniana, questa volta vera, che i partiti possono riusare: «Non abbiate paura della politica. Chi ha paura della politica è fascista».

© Riproduzione riservata