La sera del 31 agosto del 2018, vigilia del matrimonio di Chiara Ferragni e Fedez, io mi trovavo a Noto. Animata da una collera deflagrata alla vista del paese in cui ho trascorso le estati, un tempo deserto e pacifico, trasformato in un luna park a tema influencer marketing, quel giorno twittavo: «Spero che #TheFerragez ci diano un resoconto altrettanto dettagliato e pomposo anche del loro divorzio».

Sono passati poco più di cinque anni da quel fatidico primo settembre, e francamente pensavo che avrei ritirato fuori questo tweet molto prima. Nel frattempo, ci sono state due stagioni più uno special della serie I Ferragnez, Chiara Ferragni ha co-condotto Sanremo, Fedez ha superato una malattia grave, i figli sono diventati due, l’influencer marketing vacilla e la parola “storytelling” è stata sostituita da “narrazione” – o “narrativa”, per i più affezionati ai calchi dall’inglese.

«Tu racconti le tue storytelling, è così che le chiami? In Italiano significa raccontare storie, le tue storie» diceva Ilary Blasi a Fabrizio Corona durante il loro famoso scontro nello studio del Grande Fratello Vip, a ottobre del 2018.

Nell’intervista di Francesca Fagnani a Fedez, momento di confessione da lungo tempo atteso, il non più tanto rapper e molto imprenditore ha usato diverse volte il termine “narrazione” per parlare della sua vita privata e del modo in cui, secondo lui, è stata ingiustamente assediata dopo la notizia della presunta fine del suo matrimonio, allargando ancora di più la voragine che il caso Balocco ha aperto sulla sua famiglia qualche mese fa.

Perché tra tutto quello che Fedez ha detto a Belve in cinquantasei minuti di intervista, al netto delle lacrime e degli aneddoti inediti sul suo passato, una cosa mi sembra emerga in modo prepotente: lo storytelling è bello finché dura, un po’ come l’amore, i matrimoni e le amicizie.

I divorzi di Fedez

Che Fedez sia un personaggio avvezzo ai divorzi lo sapevamo già. «Fottutamente trasparente», così si descrive rispondendo alla classica domanda sul pregio e sul difetto, e in fondo cos’è se non un modo un po’ più fedeziano di dire che anche lui è sempre sé stesso, variazione sul tema del ferragniano precetto.

Ci sarebbe da fare un’indagine sul momento in cui la sincerità è diventata il valore supremo di ogni discorso pubblico, sostituendo l’onestà intellettuale, ma questa è un’altra storia. Lo abbiamo visto divorziare da Rovazzi, il cantore dell’inno da Papeete Andiamo a comandare, con cui trascorreva vacanze, cene, vlog, e che all’improvviso è sparito, un po’ come i funzionari dalle foto di Stalin.

A Muschio Selvaggio, qualche anno dopo, hanno chiarito che alla base della rottura c’erano i soldi, la stessa ragione, a grandi linee, per cui Fedez si è separato da un altro compagno, J-Ax.

Incomprensioni sulla società fondata insieme, divergenze caratteriali, manager troppo invadenti: dopo aver calcato insieme il palco di San Siro, dopo aver sfornato la hit estiva che fu galeotta per i Ferragnez, i due si lasciano avvolti da un alone di mistero, chiarito solo dopo il riavvicinamento recente. E in questa lunga lista di ex non può non essere citata l’ultima clamorosa rottura, quella con Luis Sal, coppia di fatto sul banco di Muschio Selvaggio, figlio conteso nel divorzio pubblico portato avanti a suon di stories e di meme. «Dillo alla mamma, dillo all’avvocato» è stato il tormentone dell’estate del 2023, più efficace di un featuring con Orietta Berti e Achille Lauro.

Ora che Fedez si trova a dover affrontare la più seria delle separazioni, lo storytelling sfugge di mano, impazzisce, prende direzioni impreviste. Le troupe di Canale 5 sotto casa diventano ospiti invadenti, le congetture sui suoi tradimenti sono un’allucinazione collettiva che portano una ragazza innocente a sentirsi perseguitata, e meno male che Francesca Fagnani sa cos’è l’effetto Barbara Streisand, dandone una lucida definizione su due piedi, anzi su due sgabelli: più parli di una cosa di cui non vuoi che si parli, più se ne parlerà.

I titoli di giornale che paragonano sua moglie a una macchina, alludendo al suo recente acquisto di una Ferrari, anche questo raccontato sui social, sono una vergogna per la stampa italiana, e i giornalisti che scrivono pezzi poco lusinghieri nei suoi confronti sono un affronto alla deontologia, come se questo sistema di racconto, o di storytelling appunto, non fosse sempre stato così. Eppure, era il 1952 quando Humphrey Bogart diceva: «È la stampa, bellezza, e tu non puoi farci niente».

Non che sia sempre un piacere, né un sistema che funziona alla perfezione difendibile a priori, chiaro, ma prendersela con la fame di notizie dopo aver usato le proprie sedute di terapia di coppia come contenuto inedito per una serie su Amazon Prime risulta un po’ paradossale, così come fotografare i propri figli di spalle dopo anni di caroselli su Instagram. Ma del resto, anche l’assenza o la presenza a metà fa parte della narrazione.

Nella sua intervista a Belve, Fedez non è diverso dal personaggio che abbiamo conosciuto negli ultimi dieci anni. Rimette in scena i suoi cavalli di battaglia, i pezzi del puzzle che hanno reso Federico Lucia un catalizzatore di interesse, al di là della sua carriera da cantante, l’infanzia difficile, i titoli di studio che non definiscono la cultura di una persona, i dissing con i colleghi illustri.

Fedez è un personaggio mediatico che ha oltrepassato di gran lunga i confini della scena rap, ben prima che lo facessero altri – anche il “Cosimo” che ha citato più volte nel colloquio con Fagnani, ossia Guè, è stato giudice in un talent show, eppure non ha fatto la stessa carriera televisiva.

Quando si scalda e fa le sue scenate, quando risponde con disinteresse e malcelato fastidio, quando dice che il sesso è stata la scintilla tra lui e Ferragni, suscitando non poco stupore, sta comunque facendo Fedez, quello che litiga al telefono con la Rai e filma tutto, quello del cappellino Nike della discordia.

Questo Fedez, il personaggio che abbiamo conosciuto volenti o nolenti durante gli anni, è il frutto di una grande rappresentazione, vera o verosimile che sia, spontanea o studiata che si voglia, la definizione del confine non è più così rilevante.

Ora che nessuno dei due Ferragnez tiene più lo storytelling dalla parte del manico, la ragione stessa per cui sono diventati così famosi chiede conto anche della parte meno piacevole del racconto, e non c’è molto da stupirsi a riguardo, specialmente se si è stati tra i primi a intuirne il potenziale. È la narrazione, bellezza, e tu non puoi farci niente.

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