Pubblichiamo un estratto di Ersilia e le altre (Ponte alle Grazie 2025, pp. 352, euro 19), il romanzo di Lucia Tancredi che racconta la storia di Ersilia Bronzini Majno e della nascita dell’Unione Femminile.


È da giorni che Ersilia rimugina dentro queste parole di Ada; le martellano col loro ritmo percussivo: «Questo secolo ci mangia perché siamo sole».

Come le ostriche che stanno a mucchio, ognuna è fredda e reclusa nella sua valva diaccia. Le energie femminili sono già deste e coscienti, lo sente, devono diventare “femministe”: ardenti e pratiche. Serve un “movimento”, che è una parola bellissima, perché non dice lo stare in un’idea, ma il metterla in cammino, il predisporla all’incontro, il renderla come una febbre di contagio. Funziona a volte come un parto: un’idea diventa una creatura perché ha deciso di venire al mondo, già attrezzata con un disegno e un destino.

Ersilia ha riunito tutte: Edvige Ada Antonietta Silvia Carolina Nina Elly Irma Nina Adele.*

«Noi donne nidifichiamo, da sempre germiniamo il mondo, lo mettiamo al mondo. Ora siamo una falange nuova, più consapevole e operosa, ma non contiamo nulla. Non siamo rappresentate e non esistiamo. Non possiamo eleggere e non veniamo elette. Ci dedichiamo a procurare bellezza e decoro, a mantenere la pace, le buone abitudini. Ma è un fregio che nasconde lo sfregio: chi siamo? Come dice Anna (Kuliscioff, ndr): “la donna si è guadagnata il brevetto di capacità”, perché allora subire la discriminazione?

Al Governo, nei pubblici uffici, nelle attività e nelle famiglie vediamo uomini barbari abominevoli inetti mediocri mentecatti, ci sono forse leggi eccezionali che li giudicano? Vediamo ovunque le frustate con cui la società sprona la donna, questa povera bestia in salita: continuiamo a dirci cosa possiamo fare? Io dico: metterci insieme, fondare un’alleanza, superare diffidenze e preconcetti.

Comprendere che da sole non andiamo da nessuna parte. Se creiamo l’Unione Femminile corriamo un solo rischio, incendiario incandescente, meraviglioso: essere la prima organizzazione politica di massa in Italia».

La fiammata 

Quando una cosa deve succedere, tutto accade per pura precipitazione. Una fiammata che propaga l’incendio. Si comincia a stendere il programma: Le donne che oggi cooperano a uno scopo qualunque di utilità sociale non sono molte, sono inesperte e frequentemente distratte da troppe altre occupazioni individuali… Nei contatti che hanno necessariamente tra loro non si rivelano quel sentimento e quell’abitudine di fraternità e solidarietà.

Questo deve essere: stare insieme nella somiglianza ma anche nella differenza. Come quando in un coro ognuno si intona con la sua voce. Insieme possono stare le associazioni femminili, le leghe, gli uffici di collocamento. Purché si abbia una sola sede, un luogo fisico, una casa dell’Unione Femminile con una sola biblioteca, una sala per le adunanze e le conferenze, un ufficio dove sbrigare le pratiche di assunzione e di sussidio, quelle cose che ingarbugliano soprattutto le analfabete, chi viene dalla provincia e si sente persa.

Sorge subito un problema, non da poco. La minorità mentale a cui lo Stato italiano ascrive le donne vieta loro di legittimare una qualsiasi associazione: l’Unione Femminile di fatto deve essere registrata a nome di un uomo che si faccia da garante. Ersilia lo chiede a Luigi, il quale si sente onorato, dichiarandosi femminista dalla prima ora.

Come sempre dalle prime adunanze viene fuori qualche battaglia di caratteri e di opinioni, qualche sospetto sul tema della differenza che a qualcuna sembra secondaria rispetto a quello dell’uguaglianza. Chi vuole tenersi per scelta nubile e spiccia dalle incombenze familiari non vuole si metta sullo statuto che la maternità è vocazione o missione. Alcune vogliono l’esclusività delle iscritte, che siano solo donne; altre vorrebbero aprire anche a quegli uomini più evoluti, capaci di dare un contributo concreto, anche economico alla causa.

Continuare l’opera

C’è un momento in cui tutto sembra andare a scatafascio, che il filo del tramando si sbraghi facendo un grosso buco irrimediabile. E invece la colla dolorosa che convince ognuna a stringersi in un abbraccio insieme alle altre è quando Edvige si ammala di tifo. Nessuno può assisterla, neanche il marito, per evitare il contagio.

L’ingiustizia è fatale e paradossale: lei che ha assistito tutte nei letti di pena, nei momenti di disperato abbandono, ora deve essere lasciata sola. Si sta sotto la sua finestra per ore, tenendole compagnia a distanza. Edvige compare dai vetri, si riconoscono gli occhialini d’oro, con le mani mima la forma di un cuore. Poi non si mostra più.

E allora si sta insieme nello sgomento, per non smarrirsi all’idea che Edvige se ne stia andando coi suoi modi – ora Ersilia lo intende: quelli di una cometa. Ecco il miracolo semplice di quella sua voce assennata e liscia, capace di dire solo cose belle, quell’acqua trasparente degli occhi, quando toglieva gli occhiali. Ora bisogna continuare l’opera anche per Edvige e fare come lei, che trovava sempre i modi per mettere tutte d’accordo.

Da che parte della storia

(...) Quel pomeriggio del 28 dicembre 1899 si firma lo statuto e nasce l’Unione Femminile. Ersilia Bronzini Majno è Presidente. Il Comitato Promotore comprende: Ada Negri, Jole Bersellini Bellini, Antonietta Pisa Rizzi, Silvia Pojacchi Taccani, Carolina Ponzio, Nina Rignano Sullam, Elly Carus, Irma Melany Scodnik, Nina Ottolenghi Levi, Adele Riva.

Si aggiunge pure Alberto Vonwiller, chiede di firmare a nome di sua moglie Edvige e non si vergogna di piangere. Lo accompagnano per firmare anche loro: Giuseppe Mentessi, il pittore, e Umano, come vuol farsi chiamare l’avvocato Eliseo Porro, professore di Diritto all’Università di Pavia. Dice di aver scelto da quale parte della Storia vuole stare.

*Si tratta di Ersilia Bronzini Majno, Edvige Gessner Vonwiller, Alessandrina Ravizza, Ada Negri, Jole Bersellini Bellini, Antonietta Pisa Rizzi, Silvia Pojaghi Taccani, Carolina Ponzio, Nina Sullam Rignano, Elly Carus, Irma Melany Scodnik, Nina Ottolenghi Levi, Adele Riva.


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