Chiunque da giovane abbia mai tentato la strada della musica underground – quella fatta nelle salette prove di periferia, con i muri scrostati e le scatole delle uova per improvvisare l'insonorizzazione – ha un rapporto di amore e odio per le cosiddette "cover". In musica, con questo termine diabolico si intende la reinterpretazione delle canzoni degli altri.

Nel sottobosco delle piccole band, soprattutto nelle città di provincia, ci sono autentici specialisti che così costruiscono un intero repertorio. Non esistono statistiche ufficiali, ma chiunque frequenti questi ambienti sa che è pieno di gruppi tributo agli Ac/Dc, ai Queen o agli Iron Maiden. I più bravi imitano gli originali pure nella strumentazione, nei vestiti e nelle movenze. Per qualcuno diventa un'ossessione.

Con tutti i distinguo del caso, Sanremo questa sera diventerà una sorta di grande festival delle cover. Ma accanto all'amore per le cover c'è appunto sempre stato anche l'odio, almeno per chi sogna di fare musica. Nei locali di periferia, quelli che organizzano la serata musicale il sabato sera, molto spesso i "gruppi cover" hanno un accesso preferenziale. Chi invece fa musica propria rischia di non trovare spazi e pubblico.

La serata della cover

Cosa c'entra tutto questo con il festival? In realtà, fuori da ogni metafora e aneddoto, è la spiegazione del successo della serata dei duetti, quando ogni concorrente si può portare un ospite e con lui si esibisce in una cover. È una grande celebrazione della natura nostalgica della musica. Perché tutti vogliono riascoltare le canzoni che amano.

Daniel J. Levitin, uno psicologo e neuroscienziato americano particolarmente appassionato al rock, ha teorizzato che certe canzoni – soprattutto quelle che abbiamo ascoltato durante l'adolescenza – abbiano la capacità di stimolare la nostra amigdala e i neurotrasmettitori. Semplificando un po’ concetti più complicati, alcuni ricordi del nostro passato si incollano dentro di noi con una specifica colonna sonora.

È il motivo per cui il marketing sfrutta benissimo la nostra istintiva attrazione per la nostalgia. E così fa anche Netflix quando sceglie quali canzoni utilizzare in serie tv come Stranger Things.

La macchina del tempo

Tutti noi abbiamo una playlist delle canzoni che ascoltavamo mentre andavamo a scuola al mattino. Le canzoni dei nostri primi baci. Dei viaggi in macchina fatti con una persona che non c'è più. La musica di quando ci siamo innamorati della nostra vicina di banco.

Ed è per questo che la serata dei duetti, la serata delle cover, è la migliore di tutta la settimana di Sanremo. O almeno la più divertente. Cosa succederà quando Mr.Rain e i Gemelli DiVersi canteranno Mary? Sarà come prendere una macchina del tempo che ci riporterà dritti dritti all’inizio del 2003.

Una cover per vincere

Ma c’è un aspetto in più e riguarda più strettamente la gara finale. Oggi saranno annunciati i cinque in testa per la serata e sarà proclamato un vincitore. Ma poi questa classifica farà media con quelle dei giorni scorsi e andrà a formare il punto di partenza per la finale. Anche la scelta della cover giusta è quindi importante.

Tutti quelli che ambiscono al podio sembrano avere fatto una scelta ragionata in questo senso. Angelina Mango si gioca la carta dell’emozione, esibendosi in una canzone del padre. Geolier chiama Gigi D’Alessio, Guè e Luchè, richiamandosi a quell’unione fra rap, strada e Napoli, che è il segreto del suo successo popolare.

Loredana Bertè ha un abbinamento interessante con Venerus, uno dei giovani cantautori con più personalità e doti da polistrumentista, che si sposa perfettamente con il suo animo rock. Annalisa punta alle radici anni Ottanta dello stile delle sue ultime canzoni, con Sweet Dreams e La rappresentante di lista.

Sono tutti duetti che possono far breccia nel pubblico e nelle varie giurie e possono far accumulare punti preziosi in vista della finale.

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